lunedì 30 maggio 2011

BELLEROFONTE


È l'eroe di Corinto, ma nella sua città visse solo gli anni della giovinezza. Poi fu costretto a lasciarla e trascorse gran parte della vita vagando di corte in corte e misurandosi con prove terribili. La più pericolosa fu la sfida con la Chimera, un mostro sanguinario che affrontò in sella al cavallo alato Pegaso.
Un uomo in fuga, una vittima del fato: Bellerofonte è un eroe dal destino tragico. In gioventù si macchiò di un omicidio e trascorse la sua vita in esilio cercando di riscattarsi. Neppure l'uccisione di un mostro come la chimera muterà il corso di un'esistenza sfortunata....

GENEALOGIA DI BELLEROFONTE

Mortale o semidio? La tradizione è incerta se attribuire a Bellerofonte un padre umano, il re corinzio Glauco, o uno divino, Poseidone. Dal primo, che fu sbranato dalle sue stesse cavalle, rese furiose da Afrodite dopo che il sovrano si era ribellato al suo volere, ereditò una cera sconsideratezza nel rapporto con gli dèi; dal signore del mare (e da Atena) ottenne invece il cavallo alato Pegaso, compagno delle principali avventure che lo videro protagonista. Se si accoglie l'ipotesi della discendenza da Glauco, Bellerofonte è legato anche a Sisifo, il fondatore di Corinto, e a Merope, una ninfa trasformata poi in una stella della costellazione delle Pleiadi. Dal matrimonio di Bellerofonte con Filonoe, figlia del re di Licia Iobate, nacquero tre figli: Isandro, Ippoloco e Laodamia, madre dell'eroe Sarpedone, a capo di un contingente che combattè contro gli Achei nella guerra di Troia.

DELITTO E CASTIGO

Discendente dalla famiglia reale di Corinto, Bellerofonte uccise in gioventù, forse accidentalmente, un uomo di nome Deliade (o Bellero), che alcuni identificano con suo fratello, altri con un concittadino che gli era ostile. Per purificarsi dalla colpa, andò in esilio a Tirinto, in Argolide, presso la corte del re Preto. La moglie del sovrano, Antea, si innamorò di lui e, poichè l'eroe rifiutava le sue avance, si vendicò accusandolo davanti al marito di aver tentato di sedurla. Preto le credette, ma per un'antica tradizione gli era vietato mandare a morte un ospite. Affidò perciò a Bellerofonte una lettera da consegnare al re di Licia Iobate, padre di Antea, con la quale chiedeva al sovrano di ucciedere il latore della missiva. Ma anche Iobate, per le stesse ragioni di Preto, non poteva uccidere l'ospite; ordinò quindi a Bellerofonte di portargli in dono la testa della Chimera, convinto che, contro un mostro così feroce, l'eroe non avrebbe avuto alcuna possibilità di sopravvivere. Ma Poseidone venne in soccorso di Bellerofonte, donandogli il cavallo alato Pegaso - nato dall'unione tra Medusa e Poseidone stesso - che l'eroe aggiogò grazie alle briglia dorate ricevute da Atena. Preso il volo in sella a Pegaso, Bellerofonte sorprese la Chimera dall'alto, tempestandola di frecce. Quindi le infilò nella bocca che sputava fiamme una lancia con la punta di piombo: questa, sciogliendosi al calore del fuoco, soffocò il mostro.


L'IBRIDA CHIMERA

Era una capra sputafiamme con testa di leone e coda di serpente. Generata dai mostruosi Echidna e Tifone, imperversava nelle campagne della Licia, in Asia Minore, portando morte e distruzione tra la popolazione.

L'ASSALTO AL CIELO

Sorpreso dal successo di Bellerofonte contro la Chimera, Iobate lo sottopose ad altre prove. Prima di tutto gli ordinò di affrontare i violenti Solimi, un popolo dell'Asia Minore caro agli dèi. Poi lo spedì a combattere contro le Amazzoni, le donne guerriere discendenti dal dio della guerra Ares. E anche stavolta l'esito dello scontro fu favorevole all'eroe. Infine il re licio assoldò i suoi migliori guerrieri e li inviò contro Bellerofonte, che però li uccise tutti. Iobate, sorpreso dal coraggio e dal valore del giovane, decise allora di riconciliarsi con lui e gli diede in sposa la propria figlia Filonoe, nominandolo erede al trono di Licia. Il peggior nemico dell'eroe però si rivelò la sua ubris (termine greco che, letteralmente, significa "tracotanza"), ossia il desiderio di travalicare i limiti che, in quanto uomo, la legge divina gli imponeva. Esaltato dalle vittorie riportate contro nemici in apparenza invincibili, Bellerofonte decise così di avventurarsi in un'impresa impossibile: raggiungere l'Olimpo a cavallo di Pegaso e diventare immortale. Ma Zeus - signore e guardiano dell'Olimpo - non avrebbe mai permesso a un uomo di rendersi pari agli dèi. Fece quindi pungere da un tafano Pegaso che, imbizzarrito, disarcionò  Bellerofonte e lo fece precipitare sulla terra.

IL CASTIGO DI ZEUS

Punito da Zeus per la sua arroganza, storpio, cieco e non più in sè, Bellerofonte vagò senza meta per la pianura di Aleia, in Asia Minore, rifiutando qualsiasi contatto con gli uomini fino alla morte. Pegaso, invece, venne assunto in cielo, dove Zeus gli affidò il compito di trasportare i suoi fulmini.

PACE TRA NEMICI

Nell'Iliade di Omero, il mito di Bellerofonte è occasione per la riappacificazione tra due nemici. In procinto di affrontare il licio Glauco, alleato dei Troiani, l'acheo Diomede gli domanda chi egli sia. E Glauco risponde che capostipite della sua casata fu Sisifo, che generò quel Glauco, suo omonimo, da cui nacque Bellerofonte. Egli dunque è l'ultimo discendente dall'eroe corinzio, di cui racconta con loquacità il mito. A questo punto Diomede gli propone la pace: Bellerofonte, infatti, era stato ospite di suo nonno Eneo, e questa amicizia tra antenati non poteva che riverberarsi sui suoi discendenti. I due combattenti decidono perciò di rinunciare allo scontro e si scambiano a vicenda le armi.


COMPAGNI FEDELI

Al centro del mito di Bellerofonte c'è un tema che avrà grande fortuna nell'arte dei secoli successivi: quello del rapporto quasi simbiotico tra l'eroe e il sui cavallo. È questo, per esempio, il tipo di relazione che si instaura tra San Giorgio e il suo destriero, quasi sempre raffigurati in coppia nei dipinti medievali, come se, privato della sua cavalcatura, il santo non avesse la forza per opporsi al drago (moderna reincarnazione della Chimera). Nel Seicento, lo scrittore Miguel de Cervantes reinterpreta in chiave ironica il binomio cavaliere-cavallo, facendo di Don Chisciotte un nobile visionario che sfida il mondo in sella ad un malconcio ronzino. In tempi più vicini a noi, l'archetipo dell'eroe a cavallo è alla base di tutta l'epica western; sia nella sua visione classica, rappresentata dai film di John Ford e dai fumetti di Tex Willer, sia nella rilettura malinconica offertaci dallo scrittore statunitense Cormac McCarthy nella Trilogia della Frontiera.

venerdì 27 maggio 2011

MEDUSA


Il suo aspetto era così orribile che persino gli dèi ne avevano timore. Il suo sguardo così penetrante che chiunque la vedesse era trasformato in pietra. Solo un mortale ha avuto il coraggio di sfidarla: l'eroe greco Perseo, che ha voluto affrontarla armato solo di un falcetto.
Seducente e mostruosa, Medusa è una creatura al confine tra opposti: vita e morte, fascino e terrore, umanità e bestialità. Anche il suo legame con la terra, evidenziato dal cranio coperto di serpenti, è bilanciato dalla presenza delle ali, che la collegano all'aria e al volo.

GENEALOGIA DI MEDUSA

Medusa è figlia di Forco, una divinità marina preolimpica, e Ceto, spesso raffigurato come mostro degli abissi, a loro volta generati da Ponto, il Mare, e Gaia, la Terra. Il suo rapporto con il mare è evidenziato anche dalla relazione con Poseidone. Secondo un'antica versione del mito, infatti, Medusa venne posseduta con la violenza del signore dei flutti nel tempio consacrato alla dea Atena. Dalla loro unione nacquero due figli, il guerriero Crisaor e lo splendido cavallo alato Pegaso. Tra i fratelli e le sorelle di Medusa vi sono Echidna, un mostro con il corpo di donna e la coda di serpente; il drago dalle cento teste Ladone, guardiano delle mele d'oro delle Esperidi; le gorgoni Steno ed Euriale, in tutto simili a Medusa, e le Graie, nate già con i capelli bianchi, dotate in tre di un unico occhio e di un unico dente che si prestavano a turno.

SFIDA MORTALE

La vicenda di Perseo e Medusa ha inizio alla corte di Argo. Il re della città, Acrisio, aveva fatto imprigionare sua figlia Danae in una torre, per impedire il realizzarsi della profezia che lo voleva ucciso per mano del nipote. Quando la donna, fecondata da Zeus sotto forma di pioggia d'oro, partorì Perseo, Acrisio, atterrito, rinchiuse madre e figlio in una cassa e li affidò al mare. I due approdarono sull'isola di Serifos, dove furono accolti da re Polidette, che si invaghì di Danae. Per approfittare della donna e liberarsi di Perseo, il sovrano chiese al giovane di onorare le sue future nozze con una nobile fanciulla portandogli la testa di Medusa. Iniziò così l'avventura di Perseo che, guidato da Ermes e da Atena, si recò dalle Graie, sorelle di Medusa, tre vecchie orrende che condividevano un unico dente e un unico occhio. Giocando d'astuzia, Perseo glieli sottrasse entrambi e, con il ricatto, le costrinse a svelargli dove vivevano le Ninfe Stigie, da cui ricevette gli strumenti necessari alla sua impresa: i sandali alati, una bisaccia magica e l'elmo di Ade, che lo rendeva invisibile chiunque lo portasse. Poi volò fino alla terra delle Gorgoni , che sorprese semiassopite nella loro tana.


VITTIMA DEGLI DEI

Capelli di serpe, zanne da cinghiale, ali d'oro, artigli: Medusa è un fascinoso mostro femmina, per molti aspetti una "diversa". I suoi genitori e le sue sorelle sono divinità, mentre lei è mortale. In origine Medusa era una bellissima fanciulla dagli splendidi capelli. Recatasi al tempio di Atena, fu però violata dal dio del mare Poseidone, tradizionale avversario della dea. A causa di tale oltraggio, Atena punì la giovane trasformando i suoi capelli in serpi. Secondo alcuni autori classici, invece, Poaseidone prese Medusa con la forza in un prato. Per altri, ancora, vi fu seduzione da parte del dio ma non violenza. Qualunque versione del mito prediligessero, gli antichi concordavano nell'attribuire a Medusa il potere di traformare in pietra chiunque la fissasse. Una minaccia da cui dovette guardarsi anche Perseo, che riuscì ad uccidere la Gorgone solo grazie all'aiuto di Ermes e Atena.

LA VITA GENERATA DALLA MORTE

Frutto del rapporto con il dio del mare, i figli di Medusa fuoriscirono dal suo collo reciso dopo la decapitazione.Poichè Poseidone è associato al cavallo, non stupisce che Medusa abbia generato Pegaso, il cavallo alato cavalcato da Perseo e Bellerofonte. Fratello di Pegaso è il guerriero Crisaor, che nacque brandendo una spada d'oro.

ARMA DI DIFESA

Dopo aver ucciso Medusa, Perseo ne donò la testa ad Atena, che la pose al centro della sua egida (ossia del suo scudo) per annichilire i nemici e come emblema di difesa non scalfibile.

A GUARDIA DEGLI INFERI

Secondo un'altra versione del mito ripresa da Omero, la testa mozzata della Medusa fu portata negli Inferi, dove Persefone, dea dell'oltretomba, la usava per trasformare in sasso chiunque tentasse di violare i segreti del suo oscuro regno.

SALVATO DA UN RIFLESSO

Per evitare che Medusa, risvegliandosi, lo pietrificasse, Perseo le si avvicinò camminando all'indietro; e quando la fissò si protesse con lo scudo di bronzo dono di Atena, che rifletteva lo sguardo assassino proprio come uno specchio. Così Perseo riuscì a decapitare Medusa, mozzandole la testa con l'affilatissimo falcetto offertogli dal dio Ermes prima dell'impresa.

IMPOSSIBILE VENDETTA

Una volta uccisa Medusa, Perseo si diede alla fuga, inseguito dalle due sorelle della vittima che nel frattempo si erano ridestate. L'eroe si alzò in volo grazie ai calzari alati ricevuti dalle Ninfe, e poi scomparve alla vista delle Gorgoni in virtù dell'azione magica dell'elmo di Ade, che lo rendeva invisibile alle inseguitrici.

SANGUE PRODIGIOSO

Il sangue raccolto da Perseo dopo la decapitazione di Medusa possedeva poteri magici: quello sgorgato dalla vena sinistra del collo era un potente veleno, mentre quello scaturito dalla vena destra era in grado di resuscitare i morti.

SERPENTI NEL DESERTO

Una volta sfuggito alle Gorgoni infuriate, Perseo passò in volo sopra il deserto libico, dove dalla testa mozzata della Medusa caddero alcune gocce di sangue maledetto: subito tra le infuocate sabbie libiche si generarono centinaia di velenosissimi serpenti.

IL POTERE DI UN VOLTO

A detta degli antichi, il volto di Medusa aveva il potere di allontanare il male. Per questo, nella Grecia preclassica, era molto diffuso un tipo di pendente (detto gorgoneion) che raffigurava la maschera della Gorgone. Il volto della mostruosa figlia di Forco e Ceto compariva anche, con funzione beneaugurante, sui piccoli scudi rettangolari dei Romani, usati anche dai gladiatori. Nel Rinascimento, l'imperatore Carlo V si fece costruire scudi da parata provvisti di gorgoneion dopo la campagna in Algeria.


FEMME FATALE

Simbolo di paure ataviche che paiono sgorgare dall'inconscio, la figura di Medusa ha suggestionato nel corso dei secoli grandi poeti come Dante Alighieri (nell' Inferno, Medusa presidia, insieme alle Erinni, le mura della città di Dite, eterna dimora degli eretici) e John Milton - che nel suo poema Il paradiso perduto la pone a guardia del regno dei morti - e studiosi della psiche come Carl Gustav Jung e Sigmund Freud. In epoca preromantica, lo scrittore Johann Wolfgang Goethe ha messo in luce l'ambiguità essenziale della donna-mostro, tessuta di attrazione fatale e terrore. La tradizione iconografica moderna sul tema annovera i nomi illustri di Antonio Canova, Arnold Bocklin e Gustav Klimt. Al cinema, una versione attualizzata di Medusa si può ammirare nel film Percy Jackson e gli dèi dell'Olimpo (2010), di Chris Columbus, dove la mostruosa compagna di Poseidone ha le fattezze dell'affascinante Uma Thurman.











sabato 21 maggio 2011

POSEIDONE (NETTUNO)




Era il dio dei mari, il re delle acque, il signore dei terremoti. Una divinità potente e temuta. Eppure su di lui incombeva una sorta di maledizione. Insoddisfatto dei suoi possedimenti e dei suoi poteri, entrò spesso in conflitto con altre divinità. Ma raramente con successo.
Suscettibile, iracondo, violento, Poseidone è il signore dei flutti e delle maree, che comanda a piacimento con la punta del suo tridente. I suoi poteri, tuttavia, si estendono anche alla terra, dove può provocare temporali e terremoti e far zampillare sorgenti. Sulla terra ha anche un piccolo regno, l'isola di Atlantide.

GENEALOGIA DI POSEIDONE

Poseidone (Nettuno per i Romani) apparteneva alla seconda generazione degli dèi, quella che aveva sostituito al potere i Titani. Figlio di REA e CRONO, aveva per fratelli ZEUS e ADE, rispettivamente signori del Cielo e degli Inferi, e per sorelle la regina degli dèi ERA, la dea del focolare ESTIA e la dea della terra DEMETRA. Insieme a loro, alla nascita fu inghiottito da Crono, che temeva di essere spodestato da uno dei suoi figli, e poi rigettato con gli altri quando Zeus riuscì ad avere la meglio sul padre e a prendere il potere. Poseidone era il signore delle acque, un dominio che condivideva con la nereide ANFITRITE, che il dio rapì su una spiaggia mentre danzava con le sue sorelle. Poseidone e la ninfa ebbero tre figli, TRITONE, RODE, BENTESICIMA, ma la discendenza del dio del mare è ben più complessa e comprende figure leggendarie come Polifemo e Cariddi.



TRA TERRA E ACQUA

Poseidone è una delle divinità più antiche del pantheon greco: tavolette in scrittura lineare B ritrovate nella città di Pilo testimoniano l'esistenza del suo culto già 1500 anni  prima di Cristo. A quei tempi, tuttavia, Poseidone non era ancora identificato con il dio del mare. Lo si riteneva piuttosto una divinità "ctonia", sotterranea, responsabile dei terremoti e associata ad animali come il toro e il cavallo. Solo più tardi, quando i Greci mutarono la loro economia da agricola a marina, Poseidone estese i suoi poteri anche sul mondo acquatico. Fu allora che la sua figura cominciò a essere messa in contrasto con l'elemento Terra, in quanto simbolo della fluidità  e del dinamismo delle acque marine contrapposto alla stabilità  del mondo civilizzato.


LA CREAZIONE DEL CAVALLO

Gli antichi greci consideravano Poseidone il creatore del cavallo e gli attribuivano l'invenzione del morso e delle redini. Per questo, ogni due anni, si tenevano in suo onore corse di carri e di cavalli a Corinto, nei cosiddetti "giochi istmici", secondi per importanza solo a quelli olimpici.

I DUE SOVRANI

Poseidone e la moglie Anfitrite governavano il mare dal loro palazzo in fondo all'Egeo. In questa reggia Poseidone teneva anche il suo celebre carro dorato, con il quale ogni giorno percorreva i mari placandone le acque o scatenando terribili tempeste con il tridente.

DOLORI DI PADRE

Poseidone ebbe decine di figli, quasi tutti malefici o mostruosi. Con la ninfa Toosa generò il ciclope Polifemo, con Medusa il bellicoso Crisaor, con Gaia la vorace Cariddi e il violento Anteo, ucciso da Eracle. Persino i sei figli maschi avuti da Alia, la prima amante, commisero ogni sorta di brutalità, costringendo il padre a sprofondarli sotto terra.

RIVOLTA FALLITA

Nei testi classici Poseidone viene solitamente descritto come sottomesso all'autorità di Zeus e rispettoso del re degli dèi. Solo Omero, nell'Iliade, gli attribuisce un tentativo di rivolta. Accadde quando Era, la moglie di Zeus, stanca della prepotenza del marito, convinse gli altri dèi a detronizzarlo. Poseidone, Apollo e tutti gli Olimpici (tranne Estia) si introdussero allora di notte nella stanza del sovrano e lo legarono al letto mentre dormiva, immobilizzandolo con lacci di cuoio. Poi cominciarono a discutere su chi tra loro meritasse di sostituirlo. Ma mentre di attardavano in litigi, la Nereide Teti, prevedendo un periodo di anarchia e di continui litigi tra gli dèi, chiese aiuto all'Ecatonchiro Briareo, che con le sue cento mani sciolse rapidamente i nodi che legavano Zeus e lo liberò. Finì così, prima ancora di cominciare, la rivolta degli dèi. Era, in quanto motore della ribellione, venne appesa per le braccia al cielo e lì lasciata penzolare per giorni, con due incudini attaccate alle caviglie. Quanto a Poseidone e Apollo, furono condannati da Zeus a servire Laomedonte, re di Troia, lavorando per lui alla costruzione della città.

LO SCONTRO CON ERA

Alleata del fratello Poseidone nella congiura contro Zeus, Era si scontrò con lui per il patrocinio sulla città di Argo. Anche in questo caso il dio del mare fu sconfitto e, per vendetta, prosciugò tutte le fonti della regione. La maledizione cessò quando Poseidone si innamorò di Amimone, figlia del re di Argo Danao, che lo convinse a restituire l'acqua alla città.

UNA GIRANDOLA DI AMORI

Oltre alla moglie Anfitrite, il dio del mare ebbe numerose amanti, divine e mortali. E, per sedurle, assunse le sembianze più strane....Invaghitosi di Teofane, figlia del re di Macedonia Bisalte, la trasformò in pecora e divenne egli stesso un ariete (dal loro amore nacque l'ariete dal vello d'oro al centro della spedizione degli Argonauti). La sorella di Poseidone Demetra tentò invece di sfuggire alle sue brame trasformandosi in giumenta e nascondendosi in una mandria di puledri. Ma il dio del mare si trasformò a sua volta in stallone e la possedette in forma equina, generando Arione, un cavallo con il dono della parola, e "la Padrona", una fanciulla di cui era proibito pronunciare il nome poichè rientrava tra i misteri del culto di Demetra.

POSEIDONE, UN DIO ATTUALE

La voce possente di Poseidone continua a parlarci e intimorirci. Se ne coglie l'eco in certi personaggi dei fumetti, come Namur, il signore di Atlantide, un eroe Marvel che, con i suoi superpoteri, è in grado di governare sulle acque e i mostri che le abitano. Agli aspetti più dark del mito si riagganciano anche film catastrofici come La tempesta perfetta di Wolfgang Pedersen (2000), dove la furia del mare in burrasca pare nascondere la volontà di distruzione di un dio irritato. Se la figura di Poseidone non trova che pochi riscontri nell'arte contemporanea (a parte qualche dipinto e un poemetto di Leopardi - ma siamo nell'ottocento - dedicato a Nettuno), non altrettanto si può dire di Atlantide, l'enclave terrestre del dio del mare. La mi steriosa isola, infatti, è ben presente nell'immaginario moderno, come testimoniano il romanzo di Jules Verne Ventimila leghe sotto i mari e la serie TV L'uomo di Atlantide, con Patrick Duffy.