lunedì 15 agosto 2011

ICARO


E' la storia di un'iniziazione mancata, il racconto di un figlio che si ribella al padre e, per foga giovanile, finisce per perdere la vita. Così, in termini moderni, potrebbe essere riassunto il mito di Icaro, uno dei più celebri della cultura classica. Una storia resa immortale dai versi latini di Ovidio e Virgilio, e nella quale si esprimono due sogni ricorrenti negli uomini di ogni epoca: quello di volare e quello di spingersi oltre i limiti imposti dalla natura umana.
Di lui il mito non ci svela quasi nulla: nè l'età (sappiamo solo che era giovanissimo), nè l'aspetto, e neppure che cosa facesse prima di essere rinchiuso con il padre Dedalo nel labirinto. Per noi, dunque, la storia di Icaro coincide con il suo "folle" volo: un'avventura di orgoglio e caduta in cui ogni uomo può, a suo modo, riconoscersi.

GENEALOGIA DI ICARO

Figlio di DEDALO e della schiava cretese NAUCRATE, ICARO discendeva per via paterna dal fondatore di Atene, il mitico re serpente CECROPE. Costui aveva avuto dalla moglie AGLAURO quattro figli: tre maschi e una femmina, anch'essa chiamata Aglauro. Di lei si invaghì ARES, dio della guerra, che la amò e le diede una figlia, ALCIPPE, poi divenuta moglie di EUPALAMO. E fu dall'unione tra questi due sposi che nacque Dedalo, da cui Icaro ereditò dunque sia sangue divino (lascito di Ares) sia sangue regale (dovuto alla discendenza di Cecrope).
Ateniese per stirpe, Icaro trascorse però l'intera esistenza a Creta. Questo perchè suo padre, Dedalo, che ad Atene si era affermato come geniale inventore e architetto, fu cacciato dalla città natale dopo essersi macchiato di un orribile delitto: l'assassinio del nipote TALO, figlio della sorella Perdice, fatto precipitare a tradimento dall'Acropoli per timore che il suo talento potesse oscurare la fama dello zio. A seguito di quel delitto, Dedalo fu esiliato da Atene e costretto a rifugiarsi a Creta, presso la corte di Minosse, dove in breve conquistò i favori del sovrano e la fiducia della regina Pasifae.

LE ALI DI CERA

Quando nacqua Icaro, Dedalo era già un uomo temuto e potente: il re di Creta, Minosse, lo aveva infatti eletto suo architetto di fiducia, e gli aveva affidato i lavori di costruzione del Labirinto, il palazzo-prigione in cui era stato rinchiuso il mostruoso Minotauro, frutto dei rapporti bestiali della regina Pasifae con il Toro di Creta. Accadde però che a Creta giungesse Teseo, il principe di Atene, e che Dedalo si lasciasse convincere da Arianna, figlia di Minosse, ad aiutare l'eroe a violare il labirinto e uccidere il Minotauro. Non appena seppe del tradimento patito, Minosse si infuriò con Dedalo, che fece arrestare e rinchiudere nel Labirinto con il figlio Icaro. Pensava in tal modo di averlo tolto di mezzo, ma Dedalo, con un colpo di genio, fabbricò per sè e per Icaro due paia di ali - costruite con piume di uccelli raccolte nel Labirinto - e se ne servì per volare insieme al figlio fuori dal Labirinto.
Prima di partire, Dedalo aveva raccomandato a Icaro di non volare troppo in basso, dove l'umidità poteva appesantire le ali, nè di salire oltre misura. Ma Icaro, inebriato dal volo, non obbedì al padre, e si spinse troppo vicino al Sole: il calore dei raggi sciolse così la cera che teneva incollate le piume, le ali si sfasciarono e Icaro precipitò nel mare sottostante, che da allora fu chiamato Icario.
Accanto a questa versione del mito, ne esistevano poi altre che miravano a eliminare la dimensione del volo, percepita dagli antichi come inverosimile. Si raccontava per esempio che Dedalo e Icaro, liberati dal Labirinto grazie all'intervento di Pasifae, fuggissero da Creta su due barche a vela (Dedalo, infatti, era ritenuto anche l'inventore delle vele). Icaro però non riuscì a governare la sua imbarcazione e si capovolse, morendo annegato. In sua memoria il padre, una volta giunto in Italia, fece erigere a Cuma un tempio consacrato ad Apollo, sul cui tetto d'oro istoriò in bassorilievo le gesta del figlio.


DEDALO, IL GENIO

Da Cuma, Dedalo si traaferì in Sicilia, dove conquistò l'affetto del re Cocalo fabbricando per le sue figlie delle speciali bambole snodate. Nel frattempo, però, Minosse aveva iniziato a dargli la caccia, ed era sbarcato in Sicilia con la sua flotta. Non sapendo dove si nascondesse il fuggitivo, il re di Creta escogitò uno stratagemma : ovunque giungesse, prometteva una ricompensa a chi fosse riuscito a far correre dentro i meandri di una conchiglia un filo di lino. Sapeva infatti che solo un genio come Dedalo sarebbe riuscito a venire a capo della prova. E infatti il grande architetto, ignaro del pericolo che correva, non si smentì: forò a un'estremità la conchiglia, fece colare del miele lungo le sue venature e poi legò il filo di lino a una formica che, attratta dal miele, percorse da cima a fondo l'intricato tracciato. A quel punto Minosse ordinò a Cocalo la consegna di Dedalo; ma questi, con l'aiuto delle figlie del re, praticò un foro nella stanza da bagno di Minosse e lo sommerse con un getto di pece bollente.
Dopo l'uccisione di Minosse, dalla Sicilia Dedalo si trasferì in Sardegna, dove lasciò varie tracce del suo genio architettonico. In seguito di lui si persero del tutto le tracce, ma il suo nome continuò a essere ricordato nel mondo antico come emblema del genio universale, di volta in volta scultore, architetto o inventore di prodigiosi marchingegni.

L'IDEA DEL LABIRINTO

A detta di alcuni studiosi, il mito del Labirinto, la più celebre opera architettonica di Dedalo, sarebbe stato ispirato dalla planimetria molto complessa dei palazzi cretesi, ricchi di corridoi, stanze e gallerie.

LA SCULTURA DEDALICA

Gli antichi attribuivano a Dedalo il merito di avere sviluppato l'arte della scultura, che da canoni semiartigianali passo, grazie a lui, a forme più monumentali e accurate. Ancora oggi, del resto, si definisce "dedalica" tutta la scultura arcaica greca, databile attorno al VII secolo a.C. e caratterizzata da statue rigidamente frontali.

L'INVENZIONE DEI NURAGHI

Secondo lo storico greco Diodoro Siculo (I sec. a.C.), durante la sua permanenza in Sardegna, Dedalo creò i nuraghi, massicce torri coniche composte da massi di pietra sovrapposti a secco.


IL GUARDIANO DI BRONZO

Alla figura di Dedalo si lega anche il mito di Talos, il gigantesco automa di bronzo che, ai tempi di Minosse, faceva la guardia all'isola di Creta. Benchè infatti le fonti antiche ne attribuissero la creazione al dio del fuoco Efesto, c'era chi sosteneva che a forgiarlo fosse stato invece Dedalo, maestro nell'arte di lavorare i metalli. Instancabile e obbediente, Talos si gettava nel fuoco, surriscaldava il bronzo di cui era fatto e si precipitava contro gli "invasori", bruciandoli vivi.
Talos era invulnerabile in tutto il corpo, fuorchè all'altezza della caviglia, dove aveva una piccola vena chiusa da un perno. E fu proprio addormentando con un incantesimo l'automa, e poi togliendo quel "tappo" che tratteneva i suoi fluidi vitali, che la maga Medea riuscì a uccidere Talos, consentendo agli Argonauti di sbarcare a Creta.

UN ANGELO TRA LE STELLE

Il mito di Icaro, sopravvissuto nei secoli grazie a Le Metamorfosi di Ovidio, fu ripreso nel medioevo da Dante, Boccaccio e Chaucer. La cultura rinascimentale ribaltò il giudizio negativo sul "folle" volo - ritenuto fino ad allora un esempio di hybris, cioè di arrogante rifiuto dei propri limiti - espimendo nei versi di Jacopo Sannazzaro la propria ammirazione per l'audacia di Icaro.
Meno enfatica l'interpretazione del mito offerta dal pittore Pieter Brueghel il Vecchio, che ambienta la morte di Icaro in un contesto contadino, dove nessuno pare interessato alla tragedia in atto.
In secoli più vicini a noi, hanno riletto il mito ovidiano William H. Auden, Gabriele D'Annunzio e James Joyce, nonchè i pittori Marc Chagall ed Henry Matisse, quest'ultimo autore di un dipinto in cui Icaro appare come una sorta di angelo galleggiante tra le stelle.