sabato 4 agosto 2012

ETTORE



È il più nobile tra i protagonisti dell’Iliade, l’unico in cui l’eroismo non scaturisce da una natura semidivina, ma da un’umanità che sfida i limiti in cui si trova imprigionata. Temerario e sensibile, Ettore può fuggire spaventato al cospetto di Achille, ma anche ricacciare la paura e sfidare il rivale in un duello dall’esito prevedibile. Perché in lui il coraggio non è mai disgiunto dalla consapevolezza, dalla coscienza che, di fronte al volere avverso degli dèi, all’uomo non resta altra scelta che morire gloriosamente.
Ettore è il più grande eroe troiano, l’unico che incuta timore anche ad Achille. Adorato dal suo popolo, sa di essere un modello per tutti i suoi sudditi, e per questo si batte al loro fianco pur biasimando le ragioni della guerra. La sua nobiltà d’animo traspare anche nei rapporti privati: nessun altro eroe omerico, infatti, ama quanto lui la moglie, Andromaca, alla quale è legato da un tenerissimo affetto.

GENEALOGIA DI ETTORE

Ettore è uno dei diciannove figli che il re di Troia, Priamo, figlio di Laomedonte e della bella Strimo, ebbe dalla moglie Ecuba. Di quella abbondantissima prole facevano parte altre figure destinate a un posto di primo piano nella mitologia greca: dalla profetessa di sventure Cassandra al traditore Eleno; dal vile Paride all’affascinante Polissena, per la quale, secondo alcune leggende, perse la testa lo stesso Achille. Nessuna di queste figure mitologiche, però, è riuscita a uguagliare in popolarità la figura di Ettore, che grazie all’Iliade divenne presto il prototipo e l’incarnazione del perfetto eroe greco: una combinazione così straordinaria di forza, coraggio, virtù, onestà e pietas che alcuni autori, dissociandosi da Omero, vollero individuare in Apollo il vero padre di Ettore, ritenendo che nessun essere soltanto umano potesse sommare in sé tante qualità quante l’Iliade ne attribuiva al principe troiano.

L’ULTIMO DUELLO

Il mito di Ettore è totalmente frutto della fantasia di Omero. L’eroe troiano, infatti,  non compare (o quasi) negli altri cicli epici e nelle tragedie greche. Tutto ciò che sappiamo di lui, perciò, proviene dall’Iliade, che racconta le sue gesta nell’ultimo anno della guerra di Troia.
Nel poema omerico, l’atteggiamento di Ettore appare inizialmente prudente e quasi pavido: per i primi nove anni del conflitto, infatti, egli ha evitato accuratamente lo scontro in campo aperto con i Greci, e l’unica volta in cui si è trovato al cospetto di Achille, ha ripiegato e si è rifugiato dentro le mura di Troia. Tutto cambia quando lo stesso Achille, in lite con il re acheo Agamennone, decide di ritirarsi dai combattimenti. Allora Ettore, pur tentando di raggiungere un accordo con il nemico, prende il comando delle operazioni, e nel volgere di poco tempo prima fa grande strage di soldati greci, poi sfida Aiace in un duello che si risolve senza vincitori. Ettore anima quindi l’assalto troiano contro le navi achee, e solo l’intervento degli dèi gli impedisce di uccidere celebri eroi come Nestore o Diomede. I Greci, comunque, sono in difficoltà e quando Patroclo, con l’assenso di Achille, decide di accorrere in loro aiuto alla guida dei Mirmidoni, Ettore lo uccide e poi lo spoglia delle armi, malgrado il tentativo greco di impedirlo.
È questo l’ultimo atto eroico di Ettore: poco dopo, infatti, Achille, furente per l’uccisione dell’amico Patroclo, riprende le armi per vendicarlo, e il suo ritorno trascina i Greci alla riscossa. I due rivali, infine, si ritrovano faccia a faccia in un duello da cui dipendono le sorti della guerra: assalito dalla paura, dapprima Ettore fugge, tallonato da Achille che per tre volte lo rincorre attorno alla città. Poi, però, l’eroe troiano, tradito da Atena (che assume le sembianze del fratello Deifobo promettendogli aiuto) accetta lo scontro. Il duello è feroce, ma alla fine Achille ha la meglio. Invano Ettore, agonizzante, supplica il rivale di restituire il suo corpo al padre Priamo. Achille rifiuta, e allora Ettore, con la preveggenza tipica dei morenti, gli profetizza prima di spirare la fine imminente.


ONORI RECIPROCI

Nel sesto libro dell’Iliade, Aiace viene sorteggiato per sfidare Ettore in duello. Lo scontro di protrae fino al tramonto, quando i due rivali si scambiano le armi in segno di reciproco rispetto. In seguito Ettore e Aiace si affronteranno di nuovo nella mischia attorno al corpo di Patroclo.

IL VERO UCCISORE

Anche se a finirlo è Ettore, Patroclo muore in realtà per mano del dio Apollo, che lo tramortisce con un colpo alle spalle durante un assalto e poi lo disarma, lasciandolo in balia dei nemici.

LO SCEMPIO DEL CADAVERE

Dopo avere ucciso Ettore, Achille si accanisce sul suo cadavere, trascinandolo attorno alle mura di Troia legato al suo carro da guerra. Poi lo abbandona nel campo greco, finché, su ordine di Zeus, non accetta di restituirlo a Priamo che lo seppellirà  con grandi onori.

LA LOGICA DELL’AMORE

Nell’Iliade, poema maschile per definizione, sorprende la figura di Andromaca, moglie tebana di Ettore e madre del suo unico figlio, Astianatte. Un personaggio dai tratti patetici, orfana di tutti i suoi familiari – morti in una guerra precedente – e ora prigioniera di un conflitto che mette a rischio la sua stessa libertà. L’ultimo incontro della donna con Ettore, percorso dal presagio della fine dell’eroe, è uno dei momenti più toccanti del poema: un confronto tra la logica dell’amore, impersonata da Andromaca, e quella del dovere, a cui Ettore sceglie a malincuore di obbedire.

L’IDEALE EROICO

Nel mito greco, l’eroe è descritto come un semidio che possiede tutte le possibili qualità umane: il valore, l’astuzia, il vigore, la carità, la saggezza.  In pratica, egli incarna al massimo grado l’ideale etico ed estetico degli antichi Greci, per  i quali un uomo poteva dirsi perfetto solo se era al tempo stesso kalòs kai agathòs, bello e buono, dotato di prestanza fisica e virtù morale.
Un connubio di qualità che si ritrova in tutti i più grandi guerrieri dell’Iliade, siano essi di origine semidivina, come Achille o Memnone, oppure di natura umana, come Menelao e lo stesso Ettore. Ma la medesima compresenza di doti appartiene anche agli eroi preomerici, primo fra tutti Eracle, nel quale la forza fisica non è (quasi) mai disgiunta da un indefettibile senso di giustizia.
Bellezza e virtù, dunque, ma anche valore. Affinché un guerriero diventi un vero eroe è necessario infatti che disponga anche dell’aretè, la capacità di assolvere fino in fondo il proprio compito. Una speciale forza d’animo che gli consente, anche quando sa, come Ettore, di essere destinato alla morte, di scendere comunque sul campo di battaglia, con la volontà e il desiderio di ottenere onore e fama. Perché di questo, in fondo, vivono gli eroi greci: del desiderio di conquistare la gloria, garantendosi, attraverso l’eccezionalità delle proprie gesta, il ricordo dei posteri e il culto, dopo la morte, dei propri seguaci. Questo culto, in genere, non valica i confini della regione d’origine dell’eroe, poiché solo in quell’ambito si ritiene che egli possa esercitare la propria azione protettiva. Talvolta, però, trascende l’ambito locale, diventando un fattore di aggregazione tra le varie città elleniche. È questo il caso di Eracle, i cui templi sorgevano ovunque in Grecia, oppure dell’ateniese Teseo, del quale è attestato il culto, oltre che in Attica, anche i Tessaglia e in Beozia.

IL CAVALIERE PERFETTO

Il primo autore postomerico che si ricordò di Ettore fu Virgilio, che nell’Eneide lo fa comparire in sogno a Enea. Poi fu la volta di Seneca, che inserì la figura dell’eroe nelle Troiane. Nel medioevo, Ettore divenne il modello del cavaliere perfetto e venne inserito nella lista dei “Nove Prodi”, ai quali ogni gentiluomo era chiamato a ispirarsi. Anche Dante fu colpito dalla sua figura, che collocò nel Limbo, destinato agli “spiriti  magni”. In seguito, l’eroe troiano ricompare nel finale dei Sepolcri di Ugo Foscolo e, soprattutto, nel dramma La guerra di Troia non si farà, di Jean Giraudoux, dove Ettore è presentato come un convinto “pacifista”. Quanto alle arti figurative, il mito di Ettore ha fatto da motivo ispiratore a dipinti di Rubens e Giorgio De Chirico e a sculture di Canova e Thorvaldsen, mentre la musica ha omaggiato l’eroe con lavori di Franz Schubert ed Hector Berlioz.