domenica 3 luglio 2011

ARTEMIDE (DIANA)


Vestita in abiti leggeri, inseparabile dal suo arco, sempre accompagnata da uno stuolo di ninfe, Artemide era la dea dei boschi, della caccia, della libertà. Il suo carattere selvaggio la rendeva però estremamente crudele e vendicativa.
Artemide (Diana per i romani) è una delle grandi divinità del pantheon greco. Amante della solitudine e della caccia, trascorre le sue giornate nei boschi, alla ricerca di cervi e altre prede da catturare. Non ha compagni nè mariti. Insensibile all'amore, è la dea vergine per eccellenza, anche se viene invocata per accrescere la fertilità delle donne.

GENEALOGIA DI ARTEMIDE

Figli di ZEUS e della bella LATONA, ARTEMIDE discende per parte di padre da CRONO e REA e per parte di madre da CEO e FEBE, tutti nati dalle nozze tra URANO e GAIA, e quindi fratelli tra loro. Artemide ha anche un fratello gemello, APOLLO, di cui rappresenta il corrispettivo femminile. Come Apollo, infatti, è armata di arco e frecce, con i quali diffonde la morte tra gli uomini e gli animali. Ma i due hanno anche un volto benevolo, che traspare per esempio nella capacità di curare e alleviare le sofferenze dei mortali. Artemide e Apollo compaiono insieme anche in uno stesso mito, quello di Niobe, l'imprudente regina di Tebe che osò vantarsi di essere superiore a Latona, in quanto questa aveva solo due figli, mentre lei ne aveva partoriti ben quattordici. Per vendetta i due fratelli uccisero con le loro frecce dodici figli di Niobe (sei a testa), lasciandone vivi solo due: un maschio e una femmina, proprio quanti ne aveva Latona.

UN PARTO DIFFICILE

Secondo un' antichissima tradizione, Artemide nacque sull'isola di Delo, nelle Cicladi, dove la madre Latona si era rifugiata per sottrarsi all'ira di Era. La moglie di Zeus, infatti, gelosa per il tradimento del marito con la bella figlia di Ceo e Febe, aveva lanciato contro di lei una maledizione: Latona non avrebbe potuto dare alla luce i due gemelli generati con Zeus se non in un luogo mai sfiorato dai raggi solari. Un anatema che costrinse Latona a vagare senza meta da un punto all'altro della terra, in cerca di un luogo dove partorire. Infine Zeus, turbato dai patimenti dell'amante, si rivolse a Poseidone, che fece emergere dal mare un'isola (Delo appunto) e la ricoprì con una volta liquida formata dai flutti marini. Così, in un ambiente mai scaldato dal sole, Latona potè generare Artemide, che nacque dopo nove giorni e nove  notti di travaglio. Appena venuta alla luce, Artemide manifestò la propria potenza aiutando la madre a partorire Apollo (di qui il culto che le veniva tributato come dea dei parti). Poi, quando era poco più di una bimba, implorò il padre di poter restare per sempre vergine. Zeus acconsentì, e Artemide potè così inziare la sua vita selvaggia, interamente dedita alla caccia e allietata solo dalla compagnia di un corteo di ninfe avute in dote dal padre.

IL CARRO D'ORO

Protettrice delle fonti e dell'agricoltura, dei boschi, degli animali selvatici e delle ninfe, Artemide andava a caccia per i monti dell'Arcadia su un sontuoso carro d'oro trainato da quattro cerce bianche.

LE FRECCE ASSASSINE

L'arco e le frecce non servivano ad Artemide solo per abbattere le sue prede. Si riteneva che le usasse anche contro gli uomini, per diffondere mali ed epidemie, causare decessi improvvisi e accelerare la morte delle donne nei parti complicati.


IL SACRIFICIO RIFIUTATO

Artemide sapeva anche essere benevola: come quando impedì il sacrificio di Ifigenia, figlia del re acheo Agamennone, che il sovrano aveva deciso di immolare per placare la dea, offesa da un suo atto sacrilego. Artemide rifiutò il sacrificio e, all'ultimo istante, sostituì con una cerbiatta la fanciulla, che scelse come sua sacerdotessa.

IL BACIO DELLA STREGA

Come Apollo era ritenuto il dio del Sole, così Artemide veniva talora identificata con la Luna. In tale veste era raffigurata come una giovane con una falce di luna tra i capelli, e le veniva attribuito anche un casto innamoramento per il bel Endimione, baciato fugacemente nel sonno. In quanto legata ai cicli lunari, nel medioevo Artemide fu oggetto di culto da parte degli adepti alla stregoneria, che la veneravano come dea degli oppressi.

ATTEONE SBRANATO

Come quasi tutte le dee dell'Olimpo, Artemide era permalosa e molto vendicativa, specie quando in gioco c'erano la sua verginità o quella di coloro che le erano più care. Ebbe modo di accorgersene il gigante Orione, che commise l'errore di tentare di stuprare una delle ninfe della dea (o, secondo altri, la dea stessa), e per questo fu ucciso dalla puntura di uno scorpione che Artemide gli aveva inviato contro. Anche Atteone, figlio del saggio Aristeo, dovette sperimentare l'ira della dea quando, durante una battuta di caccia, la scorse per caso nuda mentre di bagnava in un fiume. Oltraggiata nella sua purezza, Artemide reagì trasformando Atteone in un cervo, e poi aizzandogli contro la sua muta di cani, che lo sbranarono (ma un'altra versione del mito sostiene che la dea non si vendicò immediatamente dell'affronto, ma solo quando seppe che il giovane si era vantato con gli amici di averla vista nuda). Della severità di Artemide fece infine le spese anche Callisto, la più amata tra le sue ninfe, che ebbe il torto di tradire il voto di castità fatto alla dea restando incinta di Zeus. Per la verità Callisto non aveva alcuna colpa, dato che il signore dell'Olimpo, consapevole di quanto la ninfa sdegnasse gli uomini, per possederla aveva assunto le sembianze proprio di Artemide. L'inganno perpetuato da Zeus non stemperò tuttavia l'ira della dea che, trasformata Callisto in un'orsa, la abbattè con il suo arco (anche se, a detta di alcuni, Zeus tramutò Callisto in una costellazione - l'Orsa Maggiore - prima che la vendetta della dea si compisse). Ad Artemide, infine, veniva talora addebitata anche la morte di Adone, il bellissimo giovane scelto come amante dalla dea Afrodite. Secondo questa tradizione, Artemide fece travolgere Adone da un cinghiale per punirlo di essersi dichiarato più abile di lei nella caccia. In tal modo pareggiò i conti con Afrodite, dea dell'amore, che in passato aveva indirettamente causato la morte di Ippolito, lo sfortunato figlio di Teseo colpevole solo di essersi consacrato ad Artemide e non a lei.


UN MODELLO DI EMANCIPAZIONE

Nell'arte umanistica, Artemide continuò ad essere considerata, come presso gli antichi, un simbolo di purezza: Giovanni Boccaccio le dedicò uno dei suoi poemi giovanili, La caccia di Diana, mentre Pierre de Ronsard, nel XVI secolo, costruì attorno al mito di Diana e Atteone una densa simbologia poetica imperniata sui temi di desiderio e castità. In campo pittorico, la figura di Artemide ha attraversato i secoli grazie ai dipinti di Pieter Bruegel il Vecchio, Jacopo Tintoretto, Jan Vermeer e, più tardi, Arnold Bocklin. Per gli artisti novecenteschi Artemide è stata soprattutto un emblema di libertà femminile, come traspare dai dipinti di Ivo Salinger e dai versi di George Meredith ed Ezra Pound. Il mondo dei fumetti invece ha omaggiato la dea creando due supereroine con il suo stesso nome, l'una a firma della Marvel Comics, l'altra della DC Comics.