È
la più celebre tra le regine delle
Amazzoni, l’unica, insieme all’omerica Pentesileo, su cui il mito abbia
costruito un piccolo nucleo di leggende. Temuta e ammirata al tempo stesso,
Ippolita aveva ereditato dal padre Ares il coraggio e la ferocia in combattimento:
ma nel suo animo di guerriera trovava spazio anche la generosità, come dimostrò
accettando di donare la sua preziosa cintura a Eracle, l’eroe da cui, per un
equivoco, sarebbe poi stata uccisa.
L’ammirazione
e il timore con cui gli antichi greci guardavano a Ippolita si riflettono nella
fama dei due personaggi considerati – a seconda dei miti – responsabili della
sua morte: Eracle e Teseo, l’invincibile figlio di Zeus e l’uccisore del
Minotauro. Una coppia di eroi simbolo della grecità, chiamati a riscattare, con
la loro vittoria, lo scandalo vivente rappresentato dal mondo tutto al
femminile delle amazzoni.
GENEALOGIA
DI IPPOLITA
Come
tutto ciò che riguarda le Amazzoni, anche l’albero genealogico di Ippolita è
piuttosto confuso. L’unico dato certo riguarda l’identità del padre, il dio
della guerra Ares, che secondo molte fonti avrebbe generato la giovane
guerriera con la sua amante Otrera, prima regina delle Amazzoni. Ma le stesse
fonti fanno talvolta discendere l’intera stirpe delle Amazzoni dall’unione tra
lo stesso Ares e Armonia, la dea della Concordia, per cui risulta difficile
capire in che rapporto fossero le due genealogie. Analoga difficoltà si ritrova
al momento di definire il lotto delle sorelle di Ippolita, generalmente identificate
con Antiope, Pentesilea e Melanippe.
Delle tre sorelle, tuttavia, le prime due appaiono talvolta come figure
autonome, discendenti di Ippolita e sue eredi al trono. Mentre Melanippe è
spesso presentata come la sorella di Antiope ma non di Ippolita e Pentesilea.
Insomma, un mistero in piena regola, ulteriormente complicato dal fatto che le
storie di Ippolita, Pentesilea e Antiope tendono spesso a sovrapporsi, facendo
pensare a un unico personaggio chiamato con nomi diversi.
NEMICHE DEI
MASCHI
Spesso
presentate come le prime femministe della storia, le Amazzoni erano una stirpe
di donne-guerriere che vivevano nelle inospitali regioni a nord della Grecia:
sulle pendici del Caucaso secondo alcuni, in Tracia o nelle pianure della
Scizia meridionale (l’odierna Bulgaria) secondo altri.
La
loro era una società interamente al femminile: gli uomini non erano ammessi a
farne parte, se non in veste di servi da adibire ai lavori più umili. La stessa
attività riproduttiva avveniva solo in un periodo molto limitato dell’anno,
quando le Amazzoni, per perpetuare la loro specie, si recavano presso un popolo
vicino, i Gargarei, e si accoppiavano con loro.
Della
propria prole, le Amazzoni si occupavano solo se si trattava di femmine; i
maschi venivano restituiti ai Gargarei, oppure mutilati volontariamente
(accecandoli o azzoppandoli) per evitare che, una volta adulti, si ribellassero
all’autorità delle donne.
Il
regno delle Amazzoni era governato da una o, secondo altri, due regine. Le
uniche divinità di cui era consentito il culto erano Ares e Artemide,
rispettivamente dei della guerra e della caccia.
E
caccia e guerra erano anche le uniche attività di cui amassero occuparsi le
Amazzoni, che sin dalla prima infanzia si sottoponevano a severissimi
addestramenti per eccellere in entrambe le discipline. Addirittura, secondo lo
storico greco Diodoro Siculo (I sec. a.C.), nella società amazzone vigeva la
consuetudine di amputare il seno destro delle adolescenti, affinché fossero in
grado di maneggiare l’arco con maggiore disinvoltura. Di qui l’origine del loro
nome, che secondo un’etimologia discussa potrebbe significare “senza mammella”.
Nel
mito antico, le Amazzoni vengono fatte combattere (e perdere) con tutti i
maggiori eroi greci, da Eracle a Teseo, da Bellerofonte ad Achille, in uno
scontro che spesso prefigura la lotta tra il mondo classico e le barbarie
orientali. Anche il dio del vino Dioniso dovette vedersela con le Amazzoni, che
sottomise durante il suo viaggio di civilizzazione in Oriente.
IL CINTO
CONTESO
Il
più conosciuto mito greco sulle Amazzoni ha per protagonista Ippolita e il suo
cinto. La regina lo aveva ricevuto in dote dal padre Ares che, donandoglielo,
aveva voluto rimarcare la sua predilezione per lei e il potere che le
attribuiva sulle altre Amazzoni. Ma la fama del cinto si diffuse presto in
tutta la Grecia, e a Micene Admeta, figlia del pavido Euristeo, si incaponì
affinché il padre glielo procurasse. Così Euristeo convocò Eracle, che in quel
periodo si trovava al suo servizio per purificarsi dell’omicidio della moglie
Megara, e gli ordinò di portargli la cintura.
Fu
questa la nona fatica di Eracle, che raccolse attorno a sé un manipolo di eroi
(tra cui Teseo) e con loro si recò in Tracia. Qui Ippolita lo accolse
benevolmente, dicendosi disposta a cedergli la cintura; ma Era, sotto mentite
spoglie, suscitò una disputa tra Greci e Amazzoni: nella zuffa che ne seguì
Eracle, sentendosi ingannato, uccise Ippolita.
Altre
fonti sostenevano invece che l’ostilità delle Amazzoni verso Eracle si fosse
manifestata sin dall’arrivo in Tracia dell’eroe. Di qui una lotta senza
quartiere contro i Greci i quali, per difendersi, catturarono Melanippe,
sorella di Ippolita. Allora la regina, pur di riavere Melanippe, si disse
disposta a scambiarla con la propria cintura; ma un malinteso al momento dello
scambio fece esplodere le ostilità e provocò l’uccisione di Ippolita da parte
di Eracle.
Esisteva
infine una tradizione ateniese secondo la quale Ippolita non era morta per mano
di Eracle ma di Teseo. I motivi della morte erano ritenuti i più vari: secondo
alcuni la regina era stata uccisa in battaglia mentre, alla testa delle
Amazzoni, marciava sull’Attica per liberare Antiope, rapita da Teseo. Ma altre
fonti parlavano invece di una morte di crepacuore, causata dal dolore per
essere uscita sconfitta nello scontro con l’eroe.
IL FIUME
DELLE AMAZZONI
Il
ricordo delle Amazzoni sopravvisse a lungo nella memoria dell’Occidente, tanto
che ancora nel XVI secolo lo spagnolo Francisco de Orellana ribattezzava Rio
delle Amazzoni – in onore di una tribù di donne-guerriere che sosteneva di aver
incontrato – l’immenso fiume brasiliano appena esplorato. Più prosaicamente,
l’arte figurativa si appassionò al tema delle Amazzoni per le sue potenzialità
bellico-erotiche, che traspaiono per esempio nei dipinti dedicati alle figlie
di Ares da Giulio Romano, Pieter Paul Rubens e William Morris. Poco attratta
dal mito delle Amazzoni la letteratura, che tuttavia ne offrì un’interessante
lettura romantica nella tragedia Penthesilea
(1808) di Heinrich von Kleist. Al contrario, la musica, soprattutto nel
Seicento, dedicò alle donne-guerriere parecchie opere, tra cui L’Amazzone corsara di Alessandro
Scarlatti.