lunedì 17 dicembre 2012

IPPOLITA




È la più celebre  tra le regine delle Amazzoni, l’unica, insieme all’omerica Pentesileo, su cui il mito abbia costruito un piccolo nucleo di leggende. Temuta e ammirata al tempo stesso, Ippolita aveva ereditato dal padre Ares il coraggio e la ferocia in combattimento: ma nel suo animo di guerriera trovava spazio anche la generosità, come dimostrò accettando di donare la sua preziosa cintura a Eracle, l’eroe da cui, per un equivoco, sarebbe poi stata uccisa.
L’ammirazione e il timore con cui gli antichi greci guardavano a Ippolita si riflettono nella fama dei due personaggi considerati – a seconda dei miti – responsabili della sua morte: Eracle e Teseo, l’invincibile figlio di Zeus e l’uccisore del Minotauro. Una coppia di eroi simbolo della grecità, chiamati a riscattare, con la loro vittoria, lo scandalo vivente rappresentato dal mondo tutto al femminile delle amazzoni.


GENEALOGIA DI IPPOLITA


Come tutto ciò che riguarda le Amazzoni, anche l’albero genealogico di Ippolita è piuttosto confuso. L’unico dato certo riguarda l’identità del padre, il dio della guerra Ares, che secondo molte fonti avrebbe generato la giovane guerriera con la sua amante Otrera, prima regina delle Amazzoni. Ma le stesse fonti fanno talvolta discendere l’intera stirpe delle Amazzoni dall’unione tra lo stesso Ares e Armonia, la dea della Concordia, per cui risulta difficile capire in che rapporto fossero le due genealogie. Analoga difficoltà si ritrova al momento di definire il lotto delle sorelle di Ippolita, generalmente identificate con  Antiope, Pentesilea e Melanippe. Delle tre sorelle, tuttavia, le prime due appaiono talvolta come figure autonome, discendenti di Ippolita e sue eredi al trono. Mentre Melanippe è spesso presentata come la sorella di Antiope ma non di Ippolita e Pentesilea. Insomma, un mistero in piena regola, ulteriormente complicato dal fatto che le storie di Ippolita, Pentesilea e Antiope tendono spesso a sovrapporsi, facendo pensare a un unico personaggio chiamato con nomi diversi.


NEMICHE DEI MASCHI


Spesso presentate come le prime femministe della storia, le Amazzoni erano una stirpe di donne-guerriere che vivevano nelle inospitali regioni a nord della Grecia: sulle pendici del Caucaso secondo alcuni, in Tracia o nelle pianure della Scizia meridionale (l’odierna Bulgaria) secondo altri.
La loro era una società interamente al femminile: gli uomini non erano ammessi a farne parte, se non in veste di servi da adibire ai lavori più umili. La stessa attività riproduttiva avveniva solo in un periodo molto limitato dell’anno, quando le Amazzoni, per perpetuare la loro specie, si recavano presso un popolo vicino, i Gargarei, e si accoppiavano con loro.
Della propria prole, le Amazzoni si occupavano solo se si trattava di femmine; i maschi venivano restituiti ai Gargarei, oppure mutilati volontariamente (accecandoli o azzoppandoli) per evitare che, una volta adulti, si ribellassero all’autorità delle donne.
Il regno delle Amazzoni era governato da una o, secondo altri, due regine. Le uniche divinità di cui era consentito il culto erano Ares e Artemide, rispettivamente dei della guerra e della caccia.
E caccia e guerra erano anche le uniche attività di cui amassero occuparsi le Amazzoni, che sin dalla prima infanzia si sottoponevano a severissimi addestramenti per eccellere in entrambe le discipline. Addirittura, secondo lo storico greco Diodoro Siculo (I sec. a.C.), nella società amazzone vigeva la consuetudine di amputare il seno destro delle adolescenti, affinché fossero in grado di maneggiare l’arco con maggiore disinvoltura. Di qui l’origine del loro nome, che secondo un’etimologia discussa potrebbe significare “senza mammella”.
Nel mito antico, le Amazzoni vengono fatte combattere (e perdere) con tutti i maggiori eroi greci, da Eracle a Teseo, da Bellerofonte ad Achille, in uno scontro che spesso prefigura la lotta tra il mondo classico e le barbarie orientali. Anche il dio del vino Dioniso dovette vedersela con le Amazzoni, che sottomise durante il suo viaggio di civilizzazione in Oriente.


IL CINTO CONTESO


Il più conosciuto mito greco sulle Amazzoni ha per protagonista Ippolita e il suo cinto. La regina lo aveva ricevuto in dote dal padre Ares che, donandoglielo, aveva voluto rimarcare la sua predilezione per lei e il potere che le attribuiva sulle altre Amazzoni. Ma la fama del cinto si diffuse presto in tutta la Grecia, e a Micene Admeta, figlia del pavido Euristeo, si incaponì affinché il padre glielo procurasse. Così Euristeo convocò Eracle, che in quel periodo si trovava al suo servizio per purificarsi dell’omicidio della moglie Megara, e gli ordinò di portargli la cintura.
Fu questa la nona fatica di Eracle, che raccolse attorno a sé un manipolo di eroi (tra cui Teseo) e con loro si recò in Tracia. Qui Ippolita lo accolse benevolmente, dicendosi disposta a cedergli la cintura; ma Era, sotto mentite spoglie, suscitò una disputa tra Greci e Amazzoni: nella zuffa che ne seguì Eracle, sentendosi ingannato, uccise Ippolita.
Altre fonti sostenevano invece che l’ostilità delle Amazzoni verso Eracle si fosse manifestata sin dall’arrivo in Tracia dell’eroe. Di qui una lotta senza quartiere contro i Greci i quali, per difendersi, catturarono Melanippe, sorella di Ippolita. Allora la regina, pur di riavere Melanippe, si disse disposta a scambiarla con la propria cintura; ma un malinteso al momento dello scambio fece esplodere le ostilità e provocò l’uccisione di Ippolita da parte di Eracle.
Esisteva infine una tradizione ateniese secondo la quale Ippolita non era morta per mano di Eracle ma di Teseo. I motivi della morte erano ritenuti i più vari: secondo alcuni la regina era stata uccisa in battaglia mentre, alla testa delle Amazzoni, marciava sull’Attica per liberare Antiope, rapita da Teseo. Ma altre fonti parlavano invece di una morte di crepacuore, causata dal dolore per essere uscita sconfitta nello scontro con l’eroe.


IL FIUME DELLE AMAZZONI


Il ricordo delle Amazzoni sopravvisse a lungo nella memoria dell’Occidente, tanto che ancora nel XVI secolo lo spagnolo Francisco de Orellana ribattezzava Rio delle Amazzoni – in onore di una tribù di donne-guerriere che sosteneva di aver incontrato – l’immenso fiume brasiliano appena esplorato. Più prosaicamente, l’arte figurativa si appassionò al tema delle Amazzoni per le sue potenzialità bellico-erotiche, che traspaiono per esempio nei dipinti dedicati alle figlie di Ares da Giulio Romano, Pieter Paul Rubens e William Morris. Poco attratta dal mito delle Amazzoni la letteratura, che tuttavia ne offrì un’interessante lettura romantica nella tragedia Penthesilea (1808) di Heinrich von Kleist. Al contrario, la musica, soprattutto nel Seicento, dedicò alle donne-guerriere parecchie opere, tra cui L’Amazzone corsara di Alessandro Scarlatti.