È il più nobile tra i protagonisti dell’Iliade, l’unico in cui
l’eroismo non scaturisce da una natura semidivina, ma da un’umanità che sfida i
limiti in cui si trova imprigionata. Temerario e sensibile, Ettore può fuggire
spaventato al cospetto di Achille, ma anche ricacciare la paura e sfidare il
rivale in un duello dall’esito prevedibile. Perché in lui il coraggio non è mai
disgiunto dalla consapevolezza, dalla coscienza che, di fronte al volere
avverso degli dèi, all’uomo non resta altra scelta che morire gloriosamente.
Ettore è il più grande eroe troiano, l’unico che incuta timore
anche ad Achille. Adorato dal suo popolo, sa di essere un modello per tutti i
suoi sudditi, e per questo si batte al loro fianco pur biasimando le ragioni
della guerra. La sua nobiltà d’animo traspare anche nei rapporti privati:
nessun altro eroe omerico, infatti, ama quanto lui la moglie, Andromaca, alla
quale è legato da un tenerissimo affetto.
GENEALOGIA
DI ETTORE
Ettore è uno dei diciannove figli che il re di Troia, Priamo,
figlio di Laomedonte e della bella Strimo, ebbe dalla moglie Ecuba. Di quella
abbondantissima prole facevano parte altre figure destinate a un posto di primo
piano nella mitologia greca: dalla profetessa di sventure Cassandra al
traditore Eleno; dal vile Paride all’affascinante Polissena, per la quale,
secondo alcune leggende, perse la testa lo stesso Achille. Nessuna di queste
figure mitologiche, però, è riuscita a uguagliare in popolarità la figura di
Ettore, che grazie all’Iliade divenne
presto il prototipo e l’incarnazione del perfetto eroe greco: una combinazione
così straordinaria di forza, coraggio, virtù, onestà e pietas che alcuni
autori, dissociandosi da Omero, vollero individuare in Apollo il vero padre di
Ettore, ritenendo che nessun essere soltanto umano potesse sommare in sé tante
qualità quante l’Iliade ne attribuiva
al principe troiano.
L’ULTIMO
DUELLO
Il mito di Ettore è totalmente frutto della fantasia di Omero.
L’eroe troiano, infatti, non compare (o
quasi) negli altri cicli epici e nelle tragedie greche. Tutto ciò che sappiamo
di lui, perciò, proviene dall’Iliade,
che racconta le sue gesta nell’ultimo anno della guerra di Troia.
Nel poema omerico, l’atteggiamento di Ettore appare
inizialmente prudente e quasi pavido: per i primi nove anni del conflitto,
infatti, egli ha evitato accuratamente lo scontro in campo aperto con i Greci,
e l’unica volta in cui si è trovato al cospetto di Achille, ha ripiegato e si è
rifugiato dentro le mura di Troia. Tutto cambia quando lo stesso Achille, in lite
con il re acheo Agamennone, decide di ritirarsi dai combattimenti. Allora
Ettore, pur tentando di raggiungere un accordo con il nemico, prende il comando
delle operazioni, e nel volgere di poco tempo prima fa grande strage di soldati
greci, poi sfida Aiace in un duello che si risolve senza vincitori. Ettore
anima quindi l’assalto troiano contro le navi achee, e solo l’intervento degli
dèi gli impedisce di uccidere celebri eroi come Nestore o Diomede. I Greci,
comunque, sono in difficoltà e quando Patroclo, con l’assenso di Achille,
decide di accorrere in loro aiuto alla guida dei Mirmidoni, Ettore lo uccide e
poi lo spoglia delle armi, malgrado il tentativo greco di impedirlo.
È questo l’ultimo atto eroico di Ettore: poco dopo, infatti,
Achille, furente per l’uccisione dell’amico Patroclo, riprende le armi per
vendicarlo, e il suo ritorno trascina i Greci alla riscossa. I due rivali,
infine, si ritrovano faccia a faccia in un duello da cui dipendono le sorti
della guerra: assalito dalla paura, dapprima Ettore fugge, tallonato da Achille
che per tre volte lo rincorre attorno alla città. Poi, però, l’eroe troiano,
tradito da Atena (che assume le sembianze del fratello Deifobo promettendogli
aiuto) accetta lo scontro. Il duello è feroce, ma alla fine Achille ha la
meglio. Invano Ettore, agonizzante, supplica il rivale di restituire il suo
corpo al padre Priamo. Achille rifiuta, e allora Ettore, con la preveggenza
tipica dei morenti, gli profetizza prima di spirare la fine imminente.
ONORI
RECIPROCI
Nel sesto libro dell’Iliade,
Aiace viene sorteggiato per sfidare Ettore in duello. Lo scontro di protrae
fino al tramonto, quando i due rivali si scambiano le armi in segno di
reciproco rispetto. In seguito Ettore e Aiace si affronteranno di nuovo nella
mischia attorno al corpo di Patroclo.
IL VERO
UCCISORE
Anche se a finirlo è Ettore, Patroclo muore in realtà per mano
del dio Apollo, che lo tramortisce con un colpo alle spalle durante un assalto
e poi lo disarma, lasciandolo in balia dei nemici.
LO
SCEMPIO DEL CADAVERE
Dopo avere ucciso Ettore, Achille si accanisce sul suo
cadavere, trascinandolo attorno alle mura di Troia legato al suo carro da
guerra. Poi lo abbandona nel campo greco, finché, su ordine di Zeus, non
accetta di restituirlo a Priamo che lo seppellirà con grandi onori.
LA LOGICA
DELL’AMORE
Nell’Iliade, poema
maschile per definizione, sorprende la figura di Andromaca, moglie tebana di
Ettore e madre del suo unico figlio, Astianatte. Un personaggio dai tratti
patetici, orfana di tutti i suoi familiari – morti in una guerra precedente – e
ora prigioniera di un conflitto che mette a rischio la sua stessa libertà. L’ultimo
incontro della donna con Ettore, percorso dal presagio della fine dell’eroe, è
uno dei momenti più toccanti del poema: un confronto tra la logica dell’amore,
impersonata da Andromaca, e quella del dovere, a cui Ettore sceglie a
malincuore di obbedire.
L’IDEALE
EROICO
Nel mito greco, l’eroe è descritto come un semidio che
possiede tutte le possibili qualità umane: il valore, l’astuzia, il vigore, la
carità, la saggezza. In pratica, egli
incarna al massimo grado l’ideale etico ed estetico degli antichi Greci,
per i quali un uomo poteva dirsi
perfetto solo se era al tempo stesso kalòs
kai agathòs, bello e buono, dotato di prestanza fisica e virtù morale.
Un connubio di qualità che si ritrova in tutti i più grandi
guerrieri dell’Iliade, siano essi di
origine semidivina, come Achille o Memnone, oppure di natura umana, come
Menelao e lo stesso Ettore. Ma la medesima compresenza di doti appartiene anche
agli eroi preomerici, primo fra tutti Eracle, nel quale la forza fisica non è
(quasi) mai disgiunta da un indefettibile senso di giustizia.
Bellezza e virtù, dunque, ma anche valore. Affinché un
guerriero diventi un vero eroe è necessario infatti che disponga anche dell’aretè, la capacità di assolvere fino in
fondo il proprio compito. Una speciale forza d’animo che gli consente, anche
quando sa, come Ettore, di essere destinato alla morte, di scendere comunque
sul campo di battaglia, con la volontà e il desiderio di ottenere onore e fama.
Perché di questo, in fondo, vivono gli eroi greci: del desiderio di conquistare
la gloria, garantendosi, attraverso l’eccezionalità delle proprie gesta, il
ricordo dei posteri e il culto, dopo la morte, dei propri seguaci. Questo culto,
in genere, non valica i confini della regione d’origine dell’eroe, poiché solo
in quell’ambito si ritiene che egli possa esercitare la propria azione protettiva.
Talvolta, però, trascende l’ambito locale, diventando un fattore di
aggregazione tra le varie città elleniche. È questo il caso di Eracle, i cui
templi sorgevano ovunque in Grecia, oppure dell’ateniese Teseo, del quale è
attestato il culto, oltre che in Attica, anche i Tessaglia e in Beozia.
IL
CAVALIERE PERFETTO
Il primo autore postomerico che si ricordò di Ettore fu
Virgilio, che nell’Eneide lo fa
comparire in sogno a Enea. Poi fu la volta di Seneca, che inserì la figura dell’eroe
nelle Troiane. Nel medioevo, Ettore
divenne il modello del cavaliere perfetto e venne inserito nella lista dei “Nove
Prodi”, ai quali ogni gentiluomo era chiamato a ispirarsi. Anche Dante fu
colpito dalla sua figura, che collocò nel Limbo, destinato agli “spiriti magni”. In seguito, l’eroe troiano ricompare
nel finale dei Sepolcri di Ugo
Foscolo e, soprattutto, nel dramma La
guerra di Troia non si farà, di Jean Giraudoux, dove Ettore è presentato
come un convinto “pacifista”. Quanto alle arti figurative, il mito di Ettore ha
fatto da motivo ispiratore a dipinti di Rubens e Giorgio De Chirico e a
sculture di Canova e Thorvaldsen, mentre la musica ha omaggiato l’eroe con
lavori di Franz Schubert ed Hector Berlioz.