lunedì 3 ottobre 2011

ACHILLE


E’ l’eroe greco per eccellenza, il personaggio del mito che meglio incarna i valori della classicità: la bellezza, il coraggio, il valore quasi sovrumano in battaglia. Sensibile all’amicizia, è rispettoso del volere degli dèi e pietoso verso il nemico. Ma se l’ira lo assale, Achille può diventare spietato verso i suoi stessi alleati.
Nessun altro eroe greco ama la guerra quanto lui. Per Achille combattere è una gioia fisica, un piacere nutrito dal desiderio di conquistare la gloria. Eppure nella sua indole non mancano aspetti più dolci. Come quando piange la morte dell’amico Patroclo o si commuove per il dolore del re troiano Priamo a cui ha ucciso il figlio Ettore.

GENEALOGIA DI ACHILLE

Secondo il mito da Omero, ACHILLE era figlio di un sovrano, PELEO, e d una Nereide, la bellissima TETIDE. Tra i suoi antenati c’era ZEUS che, unendosi alla ninfa EGINA, aveva generato  EACO, padre di Peleo. Quanto alla madre Tetide, era frutto dell’unione tra NEREO, il “vecchio del mare”, e DORIDE, figlia di TETI e di OCEANO. Nell’albero genealogico di Achille c’erano dunque evidenti legami con gli elementi primordiali del cosmo, dall’acqua (attraverso Nereo e Oceano) alla Terra (tramite GAIA, madre di Nereo), fino al cielo (incarnato da URANO, marito di Gaia). A differenza di altri protagonisti del mito, Achille non ebbe una progenie numerosa. Le fonti antiche gli attribuiscono un unico figlio, NEOTTOLEMO, che l’eroe concepì con una delle tante figlie del re di Sciro, Licomede, DEIDAMIA, durante il periodo che trascorse presso quella corte. Neottolemo sarebbe poi diventato a sua volta un valoroso guerriero e avrebbe partecipato, dopo la morte del padre, alla guerra di Troia.

LA PROVA DEL FUOCO

La leggenda di Achille è una della più antiche e variegate dell’intero mondo greco. Resa popolare dall’Iliade, di cui il collerico figlio di Tetide è l’indiscusso protagonista, si è via via arricchita di decine di episodi minori, che hanno dato vita a un ciclo di Achille sovraccarico di varianti spesso contraddittorie. Anche sull’infanzia dell’eroe esistono versioni divergenti. Secondo alcuni il piccolo Achille fu allevato da Tetide alla corte del marito, sotto la guida del precettore Fenice; altri sostengono invece che Achille crebbe lontano dalla madre, tornata nei suoi regni marini per i dissensi col marito circa la sorte da riservare al figlio. Peleo, infatti, intendeva fare di Achille il suo erede sul trono di Ftia, in Tessaglia, mentre l’aspirazione della ninfa Tetide era di regalargli la sua stessa immortalità. Per questo, come aveva fatto con i sei precedenti figli, cercò di purificare Achille con il fuoco, nella speranza che il calore delle fiamme estirpasse in lui le componenti mortali ereditate dal padre. Peleo, però, intuì i piani di Tetide e, strappato il piccolo al rogo, lo portò dal centauro Chirone, che curò il bimbo e sostituì l’osso ustionato del suo tallone con quello di un gigante morto da poco. E poiché questo gigante si era distinto in vita per la rapidità nella corsa, anche Achille ne ereditò le doti, meritandosi l’appellativo di “piè veloce”.


IMMERSO NELLO STIGE

Secondo il poeta romano Stazio, Tetide, per rendere immortale il figlio, non lo espose alle fiamme ma lo immerse, tenendolo per il tallone, nelle acque dello Stige, il fiume degli Inferi. Il bambino divenne in tal modo invulnerabile, a eccezione del tallone che, a causa della presa materna, non fu bagnato dalle acque.

IL MAESTRO CHIRONE

Dopo aver guarito il piccolo Achille, il centauro Chirone si occupò della sua educazione, insegnandogli valori come la sobrietà, l’onestà e il senso dell’onore. Dal suo maestro Achille imparò anche a tirare con l’arco e a suonare la cetra, oltre a impratichirsi nell’equitazione e nella scienza medica.


IN PARTENZA PER TROIA

Una volta adulto, Achille seppe dalla madre quale destino gli era stato riservato dagli dèi: raggiungere la gloria in guerra e morire giovane, oppure vivere a lungo in modo anonimo. Achille, senza esitazioni, scelse la gloria e accettò l’invito di Ulisse di salpare per Troia.

IL TRAVESTIMENTO FALLITO

In aperto contrasto con la tradizione omerica, alcuni autori sostengono che Peleo, avendo saputo da un oracolo che Achille sarebbe morto a Troia, tentò con ogni mezzo di evitare la sua partenza. Ordinò perciò ad Achille di indossare abiti femminili e lo portò alla corte di Licomede, re di Sciro, spacciandolo per una donna. Qui l’eroe visse per nove anni, mescolandosi alle figlie del re e ottenendo il nomignolo di Pirra, ovvero “la Fulva”, per il colore dei suoi capelli. Lo stratagemma funzionò fino a quando Ulisse, al quale l’indovino Calcante aveva predetto che Troia non sarebbe caduto senza l’aiuto di Achille, non venne a sapere dove si nascondeva l’eroe. Egli allora si travestì da mercante e si presentò a Licomede, a cui chiese di poter esporre le sue mercanzie a corte. Ebbe in tal modo accesso agli appartamenti femminili, dove le figlie del re si gettarono su stoffe e gioielli. Achille invece fu attratto da alcune armi che Ulisse aveva astutamente mescolato alla merce. Il travestimento di Achille fu pertanto scoperto e Peleo nulla più poté per impedire al figlio di andare incontro al proprio destino.

L'IRA FUNESTA

L’ira di Achille è il tema portante dell’Iliade di Omero, che racconta gli ultimi 51 giorni della guerra di Troia. In precedenza c’erano stati altri nove anni di schermaglie, durante i quali, secondo la leggenda, Achille aveva alternato imprese gloriose ad azioni di brigantaggio.
Solo con il decimo anno la guerra di Troia entrò nel vivo. A segnare l’inizio di questa nuova fase fu il litigio tra Achille e Agamennone, comandante delle truppe greche a Troia. La lite si scatenò attorno alle sorti di Criseide, figlia di un sacerdote di Apollo. Agamennone l’aveva fatta prigioniera durante un’incursione, ma la conseguenza di questo atto blasfemo fu l’ira di Apollo che, per vendetta, gettò una pestilenza tra i greci. D’accordo con gli altri capi achei, Achille costrinse allora Agamennone a liberare Criseide, ma il re, in cambio, impose ad Achille la consegna di Briseide, la sua schiava prediletta. Sdegnato, Achille decise di non mettere più piede in battaglia fino a che non gli fosse stata resa giustizia. Una decisione che, unita agli intrighi della madre Tetide (che, per dispetto contro Agamennone, aveva convinto Zeus a sostenere i Troiani), portò i Greci a un passo dalla rovina. Invano Agamennone tentò di negoziare il rientro di Achille in battaglia; l’eroe respinse ogni offerta e, insieme all’amico Patroclo, osservò da lontano l’avanzata dei Troiani verso il campo acheo. Accadde tuttavia che Patroclo, stufo dell’inattività, si fece prestare la corazza di Achille e si recò in battaglia. Dopo una serie di duelli vittoriosi, cadde per mano di Ettore, principe di Troia.
La sua morte provocò in Achille una tale ira da spingerlo a riappacificarsi con Agamennone e a riprendere le armi. I Troiani furono ricacciati indietro ed Ettore, il loro capo, fu ucciso da Achille che poi, per sfregio, ne legò il cadavere alla biga e lo trascinò per dodici giorni attorno alle mura di Troia. Solo quando seppe che gli dèi erano irritati con lui per la sua mancanza di pierà, Achille pose termine alla vendetta e restituì il corpo di Ettore al padre Priamo, anziano re di Troia. In seguito (ma qui siamo già nella tradizione postomerica) riprese a combattere, distinguendosi per il suo valore fino alla morte. Achille morì a causa di una freccia che lo colpì nel suo unico punto vulnerabile: il tallone.


LUSSURIOSO E INNAMORATO

Le elaborazioni poetiche sulla figura di Achille iniziano già nel medioevo con Dante Alighieri, che colloca l’eroe nel girone dei lussuriosi (per il suo amore folle per Polissena, figlia di Priamo), e con Francesco Petrarca che lo inserisce nei suoi Trionfi. Pietro Metastasio, nel XVIII secolo, gli dedica un poemetto, Achille a Sciro, e così pure Goethe, che però lascia incompiuta la sua Achilleide.
Abbondante anche la produzione pittorica sull’eroe, a cui tra l’altro hanno dedicato loro tele Annibale Carracci, Giovan Battista Tiepolo, Eugène Delacroix e Jean-Auguste Ingres.
La musica ha omaggiato Achille attraverso opere di Giovan Battista Lulli, Domenico Cimarosa e Luigi Cherubini. In tempi più vicini a noi, da segnalare la raccolta poetica di W. H. Auden intitolata Scudo di Achille e un libro di racconti di Alberto Savinio dedicato al tema di Achille innamorato.