venerdì 14 ottobre 2011

LE SIRENE


Il loro potere risiedeva nella voce, così incantevole e ammaliante da stregare chiunque la ascoltasse. Ecco perché le Sirene erano tanto temute da chi navigava per mare: il loro canto accecava la mente umana e conduceva le navi alla rovina.
Nell’immaginario greco, il mare era un universo affollato da creature misteriose, spesso ostili nei confronti degli uomini. Tra queste, le sirene erano le più temute e insidiose, perché con il loro canto potevano ammaliare i marinai conducendoli al naufragio. Un richiamo a cui soltanto pochi eroi, come Ulisse o il cantore tracio Orfeo, erano in grado di resistere.

GENEALOGIA DELLE SIRENE

La nascita delle sirene è in genere attribuita al dio fluviale Acheloo, che le avrebbe generate con la ninfa Tersicore, figlia di Zeus e Mnemosine. Alcuni autori ritengono tuttavia che la madre delle sirene fosse in realtà Sterope, figlia di re Portaone ed Eurite, oppure una delle nove Muse: Tersicore, Melpomene o Calliope. Quanto al padre, chi respingeva la paternità di Acheloo puntava su Forco, antico dio degli abissi che, con la moglie Ceto, aveva popolato il suo regno di numerosi mostri marini. Tra tutte le leggende fiorite sulle origini delle sirene, la più affascinante è però quella elaborata nel IV secolo d.C. dal filosofo Libanio. Secondo questo erudito siriano, la nascita delle sirene sarebbe infatti avvenuta durante il duello tra Acheloo ed Eracle per la conquista della bella Deianira. Come racconta Ovidio, in quell’occasione Eracle ebbe la meglio sul rivale staccandogli un corno dalla fronte. E dalle gocce di sangue che caddero nell’acqua nacquero del sirene, che, secondo questa leggenda,  si sarebbero autogenerate.

DEMONI DEL MARE

Le sirene sono citate per la prima volta nell’undicesimo canto dell’Odissea. È la maga Circe a mettere in guardia Ulisse dal pericolo rappresentato da questi mostri marini nascosti su un’isola dell’Italia meridionale. E l’eroe di Itaca sa far tesoro dei consigli dell’amante, vanificando con l’astuzia i poteri di questi demoni dal canto soave.
Nel racconto omerico, le sirene sono figure ancora abbastanza indistinte. Nulla ci viene detto del loro aspetto (forse perché ben noto ai Greci dell’epoca attraverso altri racconti mitologici), né dei loro nomi. Solo la loro pericolosità viene rimarcata: grazie alle voci suadenti, le sirene sono in grado di attirare a sé i marinai che transitano vicino alla loro isola, facendoli incagliare sugli scogli.
Poi uccidono i sopravvissuti al naufragio e li divorano.
Gli autori successivi ad Omero si sforzano di definire meglio la natura e fisionomia delle Sirene. Innanzitutto ne fissano il numero in quattro (o tre, secondo altre fonti). Poi ne determinano i nomi: Telete, Redne, Molpe e Telsiope secondo alcuni, Pisinoe, Aglaope e Telsiepia (o Partenope, Leucosia e Ligia) secondo altri. Anche sul loro aspetto le informazioni si fanno più dettagliate. Si tratta di orribili esseri antropomorfi, con fattezze femminili ma il corpo da volatile (l’immagine della donna-pesce si affermerà solo in epoca medievale). Quanto all’isola su cui vivono, i poeti latini la collocano lungo le coste campane, al largo della penisola di Sorrento, contraddicendo così Omero che l’aveva situata nel Mare di Sicilia.
La ridefinizione postomerica della figura delle sirene riguarda anche le loro prerogative. Se nei testi più antichi sono sempre descritte come mostri marini, a partire dall’epoca classica cominciano ad essere collegate anche al mondo dell’Aldilà, dove si trasformano in divinità sostanzialmente benevole: con il loro canto melodioso, infatti, hanno il compito di consolare le anime dei defunti appena giunte nell’Oltretomba, rassicurandole prima dell’incontro fatale con Persefone, moglie di Ade e spietata regina degli Inferi.

PESCI O UCCELLI?

Nell’iconografia classica, le Sirene sono in genere rappresentate come esseri alati, con fattezze femminili e artigli robusti. In qualche caso la parte inferiore del corpo è sostituita da un uovo. Non di rado il volto è barbuto. Solo nel VII secolo d.C., con il bestiario Liber Monstrorum, comparve l’immagine della Sirena con coda di pesce.




VENDETTA DIVINA

Molti autori attribuivano l’aspetto mostruoso delle Sirene a una vendetta di Demetra, dea della Terra, che aveva così voluto punirle per non essersi opposte al ratto della figlia Persefone (con cui stavano giocando) da parte di Ade.

SFIDA ALLE MUSE

Secondo Apollodoro, le Sirene formavano un terzetto in cui una cantava, un’altra suonava la cetra e la terza il violino. Ed erano tanto brave da volersi porre in competizione con le Muse, che per punizione strapparono loro le piume e le usarono come ornamento.

PROVA D'AMICIZIA


La versione più commovente della trasformazione delle Sirene in demoni alati è stata elaborata da Ovidio nelle Metamorfosi. Secondo il poeta latino, infatti, le Sirene erano in origine bellissime fanciulle legate da una tenera amicizia a Persefone, figlia di Zeus e Demetra. Quando costei fu rapita da Ade, dio degli Inferi, e trascinata a forza nell’Oltretomba, le Sirene non seppero darsi pace. Girarono in lungo e in largo la terra finché, disperate, non chiesero agli dèi di far crescere loro le ali per poter cercare l’amica anche in cielo e nel mare.





SCONFITTE DA ORFEO


Le Sirene sono legate a due episodi celebri del mito greco. Quando Ulisse, durante il viaggio di ritorno verso Itaca, passò vicino all’isola su cui abitavano, le Sirene fecero di tutto per sedurre lui e i suoi compagni con il canto. Ma l’eroe riempì le orecchie dei suoi marinai di cera, in modo che non sentissero quella musica fatale. Poi chiese ai suoi compagni di legarlo all’albero maestro della nave, ordinando loro di non liberarlo per nessuna ragione: potè così soddisfare la sua curiosità di ascoltare il canto delle Sirene senza esserne sopraffatto.
Nel mito degli Argonauti, è invece Orfeo, il più grande musico dell’antichità, a sfidare le Sirene. Accadde quando la nave che recava Giasone e i suoi compagni alla ricerca del Vello d’Oro, si trovò a navigare nei pressi della loro isola. Subito nell’aria si diffuse un canto celestiale. Ma Orfeo, che faceva parte dell’equipaggio, imbracciò la sua cetra, e trasse dalle corde una musica così struggente che nessuno dei suoi compagni (tranne Bute) provò il desiderio di buttarsi in mare per raggiungere l’isola. Dopo l’umiliazione subita da Orfeo (ma talvolta l’episodio viene anticipato ai tempi del passaggio di Ulisse), le Sirene salirono su un’alta rupe e si suicidarono. Nel loro destino era infatti scritto che non sarebbero sopravvissute all’incontro con un uomo che avesse resistito al loro canto.



SIRENE D'AMORE


Con la caduta dell'impero romano, l'iconografia classica delle Sirene - mostri alati dalle sembianze femminili - si estingue. Al suo posto comincia ad affermarsi il nuovo canone della donna-pesce, che nell'arte romantica diventa il simbolo della duplicità della natura umana. Anche il pittore Hieronymous Bosch, nel suo Giardino delle Delizie, popola l'Eden di Sirene, tritoni e altre creature acquatiche.

In campo letterario, l'archetipo della donna-pesce ispira al danese Hans Christian Andersen forse la più bella fiaba dell'epoca moderna, La Sirenetta, in cui la protagonista rinuncia all'eternità della vita marina per amore di un uomo. L'amore è protagonista anche del racconto Lighea di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, incentrato sulla passione di un anziano grecista per una donna-pesce, e fa da filo conduttore a gran parte dei film dedicati al mito delle Sirene, tra cui il fortunatissimo Splash, una sirena a Manhattan girato da Ron Howard nel 1984.