Ogni
volta che doveva comunicare a qualcuno i suoi ordini, il sommo Zeus si
rivolgeva a Ermes, il messaggero dell’Olimpo. Una divinità dai tratti
decisamente umani, più scaltra e sagace che potente. Un mediatore abile ed
eloquente, che alternando inganno, lusinga e minaccia, era in grado di
convincere chiunque ad assecondare la volontà divina.
Accorto,
sagace, molto prudente, Ermes (il Mercurio dei latini) non era solo un perfetto
ambasciatore di Zeus sulla Terra. Era anche un astuto, e spesso disonesto, “uomo
d’affari”, adorato dai commercianti come loro protettore. Gli antichi greci
attribuivano inoltre all’araldo di Zeus la paternità di un gran numero di
invenzioni, tra cui la lira, il fuoco, l’alfabeto e persino il sistema
numerico.
GENEALOGIA DI ERMES
Dio
olimpico di seconda generazione, Ermes è il frutto degli amori tra il sommo
Zeus e la più giovane delle Pleiadi, la bella ninfa Maia. Nel suo albero
genealogico figurano dunque, per via paterna, divinità potentissime come il
titano Crono, sovrano dell’universo prima di Zeus, e la moglie Rea. Per parte
di madre, il messaggero degli dèi discende invece dal gigante Atlante e
dall’affascinante Pleione (figlia di Oceano e Teti), che insieme al marito
generò sette sorelle destinate ad essere trasformate in una costellazione: le
Pleiadi, appunto. Piuttosto complessa anche la discendenza del dio, a causa del
gran numero di amori che gli venivano attribuiti. Tra questi i più celebrati
dai mitografi greci furono senza dubbio quelli con la permalosissima dea dell’amore
Afrodite, da cui Ermes ebbe Ermafrodito, e con la ninfa Driope, che gli diede
in figlio il dio Pan. Ma l’elenco delle conquiste di Ermes è molto più nutrito
e include sia donne leggendarie come Penelope, la moglie di Ulisse (che, a
detta di alcuni, fu la sua amante), sia grandi divinità come Persefone.
LA LITE CON APOLLO
Nato in
una caverna sul monte Cillene, nel sud dell’Arcadia, Ermes dimostrò sin dal
principio un’irrequietezza non comune: nel suo primo giorno di vita, infatti,
inventò la lira, ricavandola dal guscio vuoto di una tartaruga, e poi rubò le
mandrie di Apollo, nascondendole e celandone le tracce. Tornò quindi di
soppiatto nella culla, dove si riavvolse nelle fasce da cui si era liberato per
fuggire. Poco dopo giunse alla grotta Apollo, che, grazie alle sue doti
divinatorie, era riuscito a scoprire il rifugio del ladro. Fuori di sé, il dio
accusò Ermes di fronte alla madre che però, ignara di tutto, difese il figlio,
chiedendo ad Apollo come potesse accusare un neonato di un furto così grave.
Apollo, però, insistette e, poiché non si riusciva a venire a capo della
questione, fu chiamato a giudicare il caso Zeus, che non si fece ingannare dai
dinieghi di Ermes ed impose di restituire le mandrie rubate. La riconsegna del
bestiame, tuttavia, non ebbe mai luogo, perché Apollo, avendo sentito Ermes
suonare la lira, gli propose di tenersi le mandrie in cambio di quello
strumento dalle note tanto celestiali. Ermes potè così coronare il suo sogno di
avere una mandria tutta sua da accudire, mentre Apollo entrava in possesso di
quello che sarebbe diventato uno dei suoi simboli. Dopo la riappacificazione
tra i due rivali, Zeus nominò Ermes suo messaggero di fiducia, con l’assenso
degli altri dèi che, a loro volta, ebbero dal signore dell’Olimpo il permesso
di servirsi di quel giovane tanto sveglio. Per Ermes iniziò così un periodo impegnativo, durante il quale
dovette assolvere innumerevoli missioni: fu lui, per esempio, a condurre
Priamo, re di Troia, alla tenda di Achille per chiedere il corpo del figlio
Ettore da seppellire. Sempre lui consegnò il piccolo Dioniso alle ninfe perché
lo allevassero, e condusse Afrodite, Era ed Atena davanti a Paride per il
celebre “concorso di bellezza” da cui sarebbe scaturita la guerra di Troia. A
lui, infine, si rivolse Zeus quando, avendo la moglie Era tramutato in vacca la
sua amante Io, volle liberare quest’ultima uccidendo il gigante di nome Argo
che la sorvegliava.
SIGNORE DEL LOGOS
La
regione greca in cui il culto di Ermes aveva radici più profonde era l’Arcadia,
dove il dio era nato e aveva trascorso i primi giorni di vita. Ma in tutta la
penisola ellenica la devozione verso il messaggero alato era piuttosto sentita,
anche in virtù del gran numero di prerogative che gli venivano attribuite. In
quanto araldo e ambasciatore dell’Olimpo, egli era infatti considerato il dio
dell’eloquenza, poiché anche con l’arte della parola, il logos, risultava persuasivo nei discorsi pubblici e privati. Al
tempo stesso, e per l’identico motivo, era il dio dell’astuzia, della malizia,
che a volte si spingeva fino alla frode e al raggiro (di qui la sua popolarità
tra i ladri). Dovendo viaggiare in continuazione per “lavoro”, Ermes era
ritenuto il protettore dei viandanti, come testimoniava la presenza lungo le
strade greche e romane di numerose erme, pilastrini quadrangolari sormontate
dalla testa del dio e con vistosi organi sessuali (simbolo, forse, della
fecondità del dio). A Ermes, inoltre, veniva attribuito (specie nella versione
romana di Mercurio) il patronato su tutte le attività commerciali, oltre che
quello sulle greggi e sulla pastorizia in genere. Ermes era anche molto caro ai
musicisti, che gli dovevano l’invenzione della lira, del flauto e della scala
musicale. E altrettanto era amato dagli atleti, da cui veniva considerato il
nume tutelare del pugilato e di tutte le attività ginniche. Di lui si diceva
anche che sapesse guardare oltre l’apparenza delle cose (il termine
“ermeneutica”, l’arte di interpretare i significati nascosti, deriva dal suo
nome), e per questo gli venivano attribuiti legami con la scienza divinatoria e
il mondo dei sogni (di cui era ritenuto l’ispiratore). Tra i tanti compiti
assegnati ad Ermes, vi era infine quello di “psicopompo”, ossia di
accompagnatore delle anime dei morti nel doloroso viaggio verso gli inferi. Un
ruolo che gli spettava quasi di diritto, dato che, nella sua veste di
messaggero celeste, era abituato a varcare confini in genere inviolabili, come
quelli tra la Terra e il Cielo o tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
OMAGGIO A ERMES
Tra i
ritorni non solo occasionali della figura di Ermes/Mercurio nell’arte e nella
letteratura postclassica, i più frequenti si collocano in epoca rinascimentale
e barocca, quando la figura del dio appare tra i protagonisti dello Scherno degli dèi, il poema di Francesco
Bracciolini pubblicato nel 1610, e dell’Adone
di Giambattista Marino (1623). Piuttosto ricco anche il repertorio di sculture
cinquecentesche dedicate al dio, tra cui le statuette in bronzo di Jacopo
Sansovino (1540) e Benvenuto Cellini (1545). In campo pittorico, al mito di
Ermes si sono ispirati artisti come Pietro da Cortona, Giovanni Battista
Tiepolo e il francese Claude Lorrain. La musica, invece, ha omaggiato quello
che gli antichi Greci ritenevano il suo patrono con la sinfonia n. 43 dell’austriaco
Franz Joseph Haydn. In epoca più recente, il messaggero alato compare in una
commedia di Vittorio Alfieri (La
finestrina), in un inno di P.B. Shelley e in un dipinto (Art and Life) del preraffaellita Walter
Crane.