mercoledì 4 aprile 2012

ERMES (MERCURIO)



Ogni volta che doveva comunicare a qualcuno i suoi ordini, il sommo Zeus si rivolgeva a Ermes, il messaggero dell’Olimpo. Una divinità dai tratti decisamente umani, più scaltra e sagace che potente. Un mediatore abile ed eloquente, che alternando inganno, lusinga e minaccia, era in grado di convincere chiunque ad assecondare la volontà divina.
Accorto, sagace, molto prudente, Ermes (il Mercurio dei latini) non era solo un perfetto ambasciatore di Zeus sulla Terra. Era anche un astuto, e spesso disonesto, “uomo d’affari”, adorato dai commercianti come loro protettore. Gli antichi greci attribuivano inoltre all’araldo di Zeus la paternità di un gran numero di invenzioni, tra cui la lira, il fuoco, l’alfabeto e persino il sistema numerico.

GENEALOGIA DI ERMES

Dio olimpico di seconda generazione, Ermes è il frutto degli amori tra il sommo Zeus e la più giovane delle Pleiadi, la bella ninfa Maia. Nel suo albero genealogico figurano dunque, per via paterna, divinità potentissime come il titano Crono, sovrano dell’universo prima di Zeus, e la moglie Rea. Per parte di madre, il messaggero degli dèi discende invece dal gigante Atlante e dall’affascinante Pleione (figlia di Oceano e Teti), che insieme al marito generò sette sorelle destinate ad essere trasformate in una costellazione: le Pleiadi, appunto. Piuttosto complessa anche la discendenza del dio, a causa del gran numero di amori che gli venivano attribuiti. Tra questi i più celebrati dai mitografi greci furono senza dubbio quelli con la permalosissima dea dell’amore Afrodite, da cui Ermes ebbe Ermafrodito, e con la ninfa Driope, che gli diede in figlio il dio Pan. Ma l’elenco delle conquiste di Ermes è molto più nutrito e include sia donne leggendarie come Penelope, la moglie di Ulisse (che, a detta di alcuni, fu la sua amante), sia grandi divinità come Persefone.

LA LITE CON APOLLO

Nato in una caverna sul monte Cillene, nel sud dell’Arcadia, Ermes dimostrò sin dal principio un’irrequietezza non comune: nel suo primo giorno di vita, infatti, inventò la lira, ricavandola dal guscio vuoto di una tartaruga, e poi rubò le mandrie di Apollo, nascondendole e celandone le tracce. Tornò quindi di soppiatto nella culla, dove si riavvolse nelle fasce da cui si era liberato per fuggire. Poco dopo giunse alla grotta Apollo, che, grazie alle sue doti divinatorie, era riuscito a scoprire il rifugio del ladro. Fuori di sé, il dio accusò Ermes di fronte alla madre che però, ignara di tutto, difese il figlio, chiedendo ad Apollo come potesse accusare un neonato di un furto così grave. Apollo, però, insistette e, poiché non si riusciva a venire a capo della questione, fu chiamato a giudicare il caso Zeus, che non si fece ingannare dai dinieghi di Ermes ed impose di restituire le mandrie rubate. La riconsegna del bestiame, tuttavia, non ebbe mai luogo, perché Apollo, avendo sentito Ermes suonare la lira, gli propose di tenersi le mandrie in cambio di quello strumento dalle note tanto celestiali. Ermes potè così coronare il suo sogno di avere una mandria tutta sua da accudire, mentre Apollo entrava in possesso di quello che sarebbe diventato uno dei suoi simboli. Dopo la riappacificazione tra i due rivali, Zeus nominò Ermes suo messaggero di fiducia, con l’assenso degli altri dèi che, a loro volta, ebbero dal signore dell’Olimpo il permesso di servirsi di quel giovane tanto sveglio. Per Ermes iniziò  così un periodo impegnativo, durante il quale dovette assolvere innumerevoli missioni: fu lui, per esempio, a condurre Priamo, re di Troia, alla tenda di Achille per chiedere il corpo del figlio Ettore da seppellire. Sempre lui consegnò il piccolo Dioniso alle ninfe perché lo allevassero, e condusse Afrodite, Era ed Atena davanti a Paride per il celebre “concorso di bellezza” da cui sarebbe scaturita la guerra di Troia. A lui, infine, si rivolse Zeus quando, avendo la moglie Era tramutato in vacca la sua amante Io, volle liberare quest’ultima uccidendo il gigante di nome Argo che la sorvegliava.


SIGNORE DEL LOGOS

La regione greca in cui il culto di Ermes aveva radici più profonde era l’Arcadia, dove il dio era nato e aveva trascorso i primi giorni di vita. Ma in tutta la penisola ellenica la devozione verso il messaggero alato era piuttosto sentita, anche in virtù del gran numero di prerogative che gli venivano attribuite. In quanto araldo e ambasciatore dell’Olimpo, egli era infatti considerato il dio dell’eloquenza, poiché anche con l’arte della parola, il logos, risultava persuasivo nei discorsi pubblici e privati. Al tempo stesso, e per l’identico motivo, era il dio dell’astuzia, della malizia, che a volte si spingeva fino alla frode e al raggiro (di qui la sua popolarità tra i ladri). Dovendo viaggiare in continuazione per “lavoro”, Ermes era ritenuto il protettore dei viandanti, come testimoniava la presenza lungo le strade greche e romane di numerose erme, pilastrini quadrangolari sormontate dalla testa del dio e con vistosi organi sessuali (simbolo, forse, della fecondità del dio). A Ermes, inoltre, veniva attribuito (specie nella versione romana di Mercurio) il patronato su tutte le attività commerciali, oltre che quello sulle greggi e sulla pastorizia in genere. Ermes era anche molto caro ai musicisti, che gli dovevano l’invenzione della lira, del flauto e della scala musicale. E altrettanto era amato dagli atleti, da cui veniva considerato il nume tutelare del pugilato e di tutte le attività ginniche. Di lui si diceva anche che sapesse guardare oltre l’apparenza delle cose (il termine “ermeneutica”, l’arte di interpretare i significati nascosti, deriva dal suo nome), e per questo gli venivano attribuiti legami con la scienza divinatoria e il mondo dei sogni (di cui era ritenuto l’ispiratore). Tra i tanti compiti assegnati ad Ermes, vi era infine quello di “psicopompo”, ossia di accompagnatore delle anime dei morti nel doloroso viaggio verso gli inferi. Un ruolo che gli spettava quasi di diritto, dato che, nella sua veste di messaggero celeste, era abituato a varcare confini in genere inviolabili, come quelli tra la Terra e il Cielo o tra il mondo dei vivi e quello dei morti.


OMAGGIO A ERMES

Tra i ritorni non solo occasionali della figura di Ermes/Mercurio nell’arte e nella letteratura postclassica, i più frequenti si collocano in epoca rinascimentale e barocca, quando la figura del dio appare tra i protagonisti dello Scherno degli dèi, il poema di Francesco Bracciolini pubblicato nel 1610, e dell’Adone di Giambattista Marino (1623). Piuttosto ricco anche il repertorio di sculture cinquecentesche dedicate al dio, tra cui le statuette in bronzo di Jacopo Sansovino (1540) e Benvenuto Cellini (1545). In campo pittorico, al mito di Ermes si sono ispirati artisti come Pietro da Cortona, Giovanni Battista Tiepolo e il francese Claude Lorrain. La musica, invece, ha omaggiato quello che gli antichi Greci ritenevano il suo patrono con la sinfonia n. 43 dell’austriaco Franz Joseph Haydn. In epoca più recente, il messaggero alato compare in una commedia di Vittorio Alfieri (La finestrina), in un inno di P.B. Shelley e in un dipinto (Art and Life) del preraffaellita Walter Crane.