martedì 24 aprile 2012

ORFEO


La parola, il canto, la musica: queste le armi con cui il poeta tracio Orfeo, il meno muscolare tra gli eroi greci, incantava e soggiogava i suoi nemici e la stessa natura. Un’arte, quella di Orfeo, che sapeva svelare il mistero celato oltre la superficie delle cose, e che ha originato una vera e propria religione a lui ispirata, il cosiddetto Orfismo. Una voce così nitida e potente da risuonare con forza persino nelle profondità dell’Oltretomba, dove Orfeo si era avventurato per amore…
Nato in Tracia, terra di confine tra la Grecia e l’oriente, Orfeo fondeva in sé le qualità  dello sciamano, del filosofo e del sacerdote. La sua arte, esoterica e insieme razionale, sapeva cogliere per via intuitiva i segreti più intimi della natura, ma al tempo stesso dare ordine al caos attraverso la ragione. Una bivalenza, quella di Orfeo, da cui nasceva il tono inconfondibile della sua voce, così ispirata da assumere la forza di una profezia.

GENEALOGIA DI ORFEO

Tutti gli autori antichi concordano nel ritenere Orfeo figlio di Eagro, re della Tracia. Quest’ultimo aveva ereditato il trono dal padre Carope, al quale era stato concesso dal dio Dioniso come ricompensa per averlo salvato da un tentativo di assassinio. Più discussa l’identità della madre di Orfeo, che in genere viene identificata con Calliope, la più alta in dignità delle nove Muse, protettrice dell’epica e della poesia lirica. Altre fonti attribuiscono invece la maternità di Orfeo a Polimnia, Musa dell’arte mimica o della danza, e altri ancora a Menippe, figlia di Tamiri, mitico suonatore di lira. Qualunque discendenza gli venga attribuita, Orfeo è comunque sempre associato alla figura delle Muse (lo stesso Tamiri è talora considerato figlio di una di esse, Melpomene), e ricondotto a un’area geografica, la Tracia, nota, oltre che per i suoi legami con l’arte divinatoria, anche per la sua vicinanza all’Olimpo (dove spesso Orfeo è raffigurato mentre suona). Secondo alcune tradizioni mitologiche, il poeta tracio aveva anche un fratello, Lino, a sua volta abilissimo musicista, e forse persino un figlio, Museo, nato però non dal suo matrimonio con la ninfa Euridice, bensì da una relazione con Selene, la dea della Luna.

VIAGGIO AGLI INFERI

Secondo ma mitologia greca, Orfeo è il più grande musicista, cantore e poeta dell’antichità, superiore persino a Omero, che alcuni ritengono un suo discendente. Celebrato già in epoca antichissima, ha assunto tratti via via più misteriosi, fino a trasformarsi in una sorta di figura sacerdotale, quasi una divinità attorno alla quale si è sviluppata una teologia di tipo iniziatico, l’Orfismo, che condizionò notevolmente la spiritualità del mondo greco. Lo stesso Cristianesimo delle origini è stato influenzato dalla religione orfica, come testimonia l’esistenza di raffigurazioni di Orfeo nell’iconografia cristiana primitiva. Al di là della sua valenza spirituale, Orfeo è però ricordato dai testi antichi soprattutto per il suo viaggio agli Inferi in cerca della moglie Euridice. La vicenda, narrata tra gli altri anche dal poeta latino Virgilio, inizia quando Euridice, ninfa dei boschi, viene morsa da una vipera mentre cerca di sfuggire a un tentativo di stupro. La giovane muore, ma il marito Orfeo, incapace di rassegnarsi alla sua perdita, scende negli Inferi a cercarla, incantando con la sua musica i mostri che ne sorvegliano l’accesso. Giunto infine dinnanzi ad Ade e Persefone, ottiene dai sovrani dell’Oltretomba il permesso di riportare Euridice sulla Terra, a patto che non si volti a guardarla fino all’uscita dall’Aldilà. La forza dell’amore, però, tradisce Orfeo, che si gira per controllare che Euridice lo stia seguendo, e così la perde definitivamente. Disperato, Orfeo cerca di tornare nel regno di Ade, ma stavolta Caronte è inflessibile e gli nega l’accesso. Al poeta non resta perciò che risalire sulla Terra, dove il rimpianto per la moglie perduta lo renderà ostile verso l’intero genere femminile.


ROCCE IN MOVIMENTO

Con le sue melodie, Orfeo poteva ammansire gli uomini e le belve feroci, far piegare le chiome degli alberi e persino stregare le rocce e gli oggetti, che si muovevano al suono della sua cetra.

LA CETRA MAGICA

La cetra di Orfeo era in genere ritenuta un dono di Apollo, che l’aveva ceduta all’eroe dopo averla ricevuta da Ermes. Altri autori sostenevano invece che fosse stato lo stesso Orfeo a inventare quel magico strumento, oppure che l’avesse modificato portandone le corde da sette a nove (come il numero delle Muse).

FINE DEI SUPPLIZI

Dalle corde di Orfeo scaturivano note così celestiali che, quando egli scese agli Inferi per recuperare la moglie Euridice, la sua musica non solo commosse Ade e Persefone, ma fece cessare per qualche istante persino i supplizi con cui venivano puniti i dannati.

LE SIRENE ZITTITE

Nelle Argonautiche di Apollonio Rodio, Orfeo fa parte della schiera di eroi che, al seguito di Giasone, salpa dalla Tessaglia alla ricerca del Vello d’oro. Dato il suo modesto vigore fisico, egli resta però ai margini di scontri e combattimenti. Durante la navigazione, il suo ruolo principale è quello di capovoga, ovvero di colui che dà la cadenza ai rematori con la sua musica. In occasione di una tempesta, inoltre, egli placa i flutti con il canto e, quando la nave Argo approda in Samotracia, intercede per i suoi compagni presso i Cabiri, misteriose divinità ctonie al cui culto è stato iniziato. La sua presenza di rivela infine decisiva in occasione del passaggio degli Argonauti dinnanzi all’isola delle Sirene: con il suo canto, infatti, egli riesce a superare in dolcezza quello delle Sirene, impedendo ai suoi compagni di gettarsi in mare per raggiungere quei famelici demoni marini.

IL PASTO DELLE BACCANTI

La morte di Orfeo ha dato origine a diverse interpretazioni mitologiche, tutte però concordi nell’attribuire alle donne tracie l’uccisione del poeta. La più comune è quella prospettata dal drammaturgo greco Eschilo, secondo il quale Orfeo, dopo aver perso definitivamente Euridice, vagò a lungo sconsolato per i boschi, fino a che non incontrò un gruppo di Baccanti (dette anche Menadi). Queste lo invitarono a partecipare a uno dei loro riti orgiastici, ma poiché Orfeo, dopo la morte di Euridice, rifiutava ogni contatto con le donne, le Baccanti, offese, lo fecero a pezzi e lo divorarono. Una variante dello stesso mito attribuisce invece l’uccisione di Orfeo alla sua predicazione a favore della sua omosessualità, ritenuta dalle donne tracie un insulto alla loro femminilità. C’è poi una terza versione della leggenda, secondo la quale Orfeo, al suo ritorno dagli Inferi, avrebbe fondato una confraternita di iniziati, dedita a culti misterici ispirati alla sua esperienza nell’Aldilà. Dalla setta erano però escluse le donne che, per vendetta, tesero un agguato a Orfeo e compagni e li massacrarono. Dopo la morte, le Muse raccolsero i pochi resti di Orfeo e li seppellirono a Libetra, sulle pendici del monte Olimpo. La testa dell’eroe, invece, fu gettata dalle Baccanti nel fiume Ebro, che la trasportò fino al mare da dove approdò sull’isola di Lesbo. Qui gli abitanti le tributarono solenni onori funebri ed eressero una grande tomba a ricordo del poeta, seppellendovi anche la sua cetra. Secondo una curiosa leggenda, anche dopo essere stata sepolta la testa di Orfeo continuò a cantare e profetare, fino a che Apollo, indispettito da quei vaticini che allontanavano i fedeli dall’oracolo di Delfi, a lui consacrato, si recò a Lesbo e le intimò di tacere.


UN SIMBOLO SENZA TEMPO

La figura di Orfeo ha conosciuto grande fortuna nell’arte di ogni epoca. Se nel V secolo d. C. Sant’Agostino ne fa il simbolo del poeta-teologo, Severino Boezio, nel De Consolatione Philosophiae interpreta il suo volgersi verso Euridice come un emblema della sconfitta dell’anima legata alle passioni terrene. Nel Rinascimento, il poeta Angelo Poliziano (Fabula di Orfeo) utilizza il mito greco come spunto per una riflessione sul tema di amore e morte. Invece Calderon de la Barca, ne Il Divino Orfeo, fa del cantore tracio una personificazione di Gesù Cristo. La pittura celebra Orfeo con dipinti di numerosi artisti, tra cui Tiziano e Rubens, mentre la musica lo omaggia con l’opera Orfeo ed Euridice di C. W. Gluck. L’arte moderna ha più volte riletto il mito di Orfeo con i testi teatrali di Vinicius de Moraes e Jean Anouilh, le poesie di Dario Campana e Rainer Maria Rilke, i racconti di Gesualdo Bufalino e Cesare Pavese, i film di Jean Cocteau e Albert Camus.