mercoledì 6 luglio 2011
ERACLE (ERCOLE)
I Romani lo chiamavano Ercole ed è l'eroe greco per eccellenza. Le leggende che lo vedono protagonista sono così numerose da essere state raccolte in un ciclo narrativo. Eracle è l'uomo che cade ma si risolleva, l'eroe che affronta il Male a viso aperto e lo vince. Un tramite per il mondo divino del quale, attraverso un processo di purificazione che culmina nella sua apoteosi, riuscirà infine a far pienamente parte.
Figlio di una mortale e del signore degli dèi, Eracle, come tutti gli eroi greci, ha insieme geni umani e divini. Dotato di una forza sovrannaturale, che gli consente di superare prove temute dagli stessi dèi, rivela però anche una inattesa fragilità, eredità della sua origine terrena e causa di frequenti e rovinose cadute.
GENEALOGIA DI ERACLE
Secondo il mito, ERACLE (Ercole per i Romani) ebbe due padri, l'uno mortale e l'altro immortale. Il padre immortale fu ZEUS che, per unirsi con la bella ALCMENA, nipote di PERSEO, assunse le sembianze del marito della donna, ANFITRIONE. Per soddisfare appieno il suo capriccio amoroso, Zeus chiese inoltre al Sole di non percorrere con il suo cocchio il cielo per tre giorni. Ebbe così a disposizione una lunghissima notte per generare con Alcmena il figlio che, secondo l'oracolo, avrebbe dovuto governare sulla stirpe di Perseo. Il padre mortale di Eracle fu invece Anfitrione, re di Tirinto, che, pur cosciente dell'inganno subito dal signore dell'Olimpo, seppe allevare come suo quel bimbo straordinario, trattandolo alla pari dell'altro figlio IFICLE. La vita di Eracle fu sin dall'inizio condizionata dall'odio di Era, che lo detestava in quanto frutto degli amori adulterini del marito Zeus con Alcmena. La dea fece perciò di tutto per ritardare la nascita dell'eroe, in modo che il cugino EURISTEO, venuto alla luce prima di lui, gli sottrasse il diritto di regnare su Micene e Tirinto. Poi la regina dell'Olimpo inviò due serpenti velenosissimi nella culla di Eracle, affinchè lo uccidessero ancora in fasce. Il suo piano però fallì, in quanto l'eroe, già allora straordinariamente forte, afferrò i due serpenti per la gola e li strangolò.
LE DODICI FATICHE
Una volta adulto, Eracle prese in sposa Megara, figlia del re di Tebe, dalla quale ebbe otto figli. Poco dopo però, a causa di un eccesso di follia provocatogli dalla sua nemica Era, uccise tutti i suoi figli, e due di quelli del fratello Ificle. Straziato da dolore, l'eroe allora chiese consiglio all'oracolo di Delfi, che gli ordinò di porsi per dodici anni al servizio del cugino Euristeo, divenuto nel frattempo re di Tirinto: solo così si sarebbe affrancato dal suo crimine ottenendo l'immortalità. Obbediente al volere divino, Eracle raggiunse Tirinto e si assoggettò al cugino che, per concedergli la purificazione, gli impose però una serie di prove terribili: le cosiddette "dodici fatiche". L'eroe iniziò dunque il suo percorso di rinascita affrontando il Leone di Nemea, la belva che insanguinava la regione tra Micene e Nemea. Dovette quindi eliminare l'Idra di Lerna, un mostro a nove teste che ricrescevano non appena recise, e poi catturare la Cerva di Cerinea, nota per la sua inafferrabilità. Nella quarta fatica Eracle affrontò il Cinghiale di Erimanto, che devastava il Peloponneso, dopodichè fu incaricato di liberare il lago Stinfalo dagli uccelli assassini che lo infestavano e di ripulire le immense stalle del re Augia, impresa che compì deviando due fiumi. Per la settima fatica Eracle si recò a Creta, dove catturò il toro infuriato che sgomentava l'isola. Quindi soggiogò le quattro giumente di Diomede, abituate a nutrirsi di carne umana, e sottrasse a Ippolita, regina delle Amazzoni, la cintura che Ares le aveva donato. La decima fatica portò l'eroe fino sull'isola di Erizia, ai confini del mondo conosciuto: lì viveva un gigante a tre teste, Gerione, che custodiva una splendida mandria. Eracle gliela sottrasse e, dopo averla portata a Euristeo, partì per il Giardino delle Esperidi, da cui trafugò i tre pomi d'oro offerti da Gaia a Era come dono di nozze. Infine l'ultima impresa: Eracle scese negli Inferi e vi catturò Cerbero, il cane a tre teste che sorvegliava il regno dei morti. A quel punto Euristeo, incapace di trovare altre prove da sottoporre al cugino, lo sciolse dal suo voto. Eracle riebbe così la libertà e, purificato dal suo delitto, potè infine tornare a Tebe.
LE ALTRE IMPRESE
Oltre alle dodici fatiche, Eracle compì un numero imprecisato di altre imprese, capitoli di un ciclo mitologico senza paragoni per ampiezza nella cultura classica. Molte di queste imprese furono realizzate quasi per capriccio, a margine dei viaggi che l'eroe effettuò per portare a termine le dodici fatiche; altre vengono ascritte al periodo immediatamente precedente o, più spesso, successivo alla servitù presso Euristeo. Dall'insieme di queste avventure emerge il ritratto di un eroe inquieto, perennemente in viaggio da una sponda all'altra del Mediterraneo, pronto a spingersi fino ai confini estremi del mondo conosciuto - identificati appunto con le colonne d'Ercole - pur di soddisfare la sua fame di avventure. Un destino di esploratore che già connotava la figura dell'eroe guerriero - in lotta permanente contro le forze del Caos - protagonista di tante leggende arcaiche riferibili alla figura di Eracle. Ma furono gli autori di epoca classica ad esasperare la vocazione itinerante di Eracle, facendone l'incarnazione del nuovo spirito cosmopolita del mondo greco, ormai proiettato ben oltre il Peloponneso. Un eroe che, attraverso i suoi viaggi da un continente all'altro, conquistava alla conoscenza nuovi territori e allargava, sia verso Occidente sia verso Oriente, la sfera di influenza della civiltà da cui il suo mito era stato originato.
PASSAGGIO IN AFRICA
Mentre di aggirava per la Libia alla ricerca del Giardino delle Esperidi, Eracle si imbatte in Anteo, un gigante che uccideva tutti i viandanti che incontrava. Figlio di Poseidone e Gaia, Anteo era invulnerabile finchè restava in contatto con sua madre, la Terra. Per ucciderlo, dunque, Eracle dovette afferrarlo per il tronco e tenerlo sollevato dal suolo fino a che non lo ebbe soffocato.
LE COLONNE D'ERCOLE
In viaggio verso l'isola di Erizia, Eracle giunse allo stretto di Gibilterra, nel nord della Spagna. Era l'estremo limite del mondo conosciuto, il confine oltre il quale nessuno aveva osato mai spingersi. Eracle, temerariamente, lo varcò, ma prima spaccò in due il monte che divideva il Mediterraneo dall'Oceano Atlantico e creò le colonne d'Ercole, identificabili con i monti Abila e Calpe, le alture che cingono lo stretto. Poi, sul monte Calpe, incise la scritta Nec Plus Ultra che significa "non oltrepassare".
IL SOGGIORNO ASIATICO
Eracle passò dall'Asia due volte: quando si recò in Anatolia per recuperare la cintura d'Ippolita e quando, in segno di penitenza per avere offeso il dio Apollo, si sottomise alla regina di Lidia, Onfale, che servì come schiavo per tre anni. In questo periodo l'eroe condusse una vita dissipata, cedendo alle seduzioni della regina e accettando per lei ogni sorta di umiliazione. La bellissima regina convinse addirittura Eracle a vestirsi da donna, abbandonando il suo "mestiere" di eroe per dedicarsi a mansioni femminili come la filatura della lana.
L'ULTIMA META
Lasciata la corte di Lidia, Eracle si sposò con Deianira, figlia del re di Calidone, conducendola con sè in Tracia. Durante il viaggio, però, i neosposi incontrarono il centauro Nesso che, con il pretesto di trasportare la donna al di là del fiume, tentò di violentarla. Eracle lo uccise con una freccia, ma il centauro, prima di spirare, convinse Deianira a raccogliere il suo sangue in un vaso, dicendole che si trattava di un filtro d'amore. Anni dopo Deianira, rosa dalla gelosia per gli amori tra il marito e la bella Iole, si ricordò del filtro del centauro, e vi intinse una veste che poi donò a Eracle. Il sangue di Nesso però era avvelenato e, non appena l'eroe ebbe indossato l'abito, sentì il corpo accendersi di un bruciore mortale. Intuendo che la fine era vicina, Eracle fece allestire una pira dal figlio Illo e vi si adagiò sopra. Poi diede fuoco alla legna, ma prima che le fiamme lo lambissero, Zeus scese di persona sulla Terra e, caricato Eracle sul suo carro, lo condusse con sè sull'Olimpo.
L'ANTENATO DI TUTTI I SUPEREROI
Con la fine della classicità, la cultura cristiana iniziò a vedere in Eracle il pendant pagano di Cristo, a cui lo accomunavano la discesa vittoriosa agli inferi e il supplizio finale. In seguito, gli autori medievali fecero di Eracle il modello del cavaliere perfetto, personificazione delle virtù eroiche celebrate da Francesco Petrarca nel De Viris Illustribus. La spettacolarità delle imprese di Eracle, eroe d'azione per eccellenza, ha affascinato molti pittori e scultori, tra cui Andrea Mantegna, Michelangelo Buonarroti e, più tardi, Jean-Honorè Fragonard. Nel XX secolo lo svizzero Friedrich Durrenmatt, nel radiodramma Eracle e le stalle di Augia, ha fatto dell'eroe un riformatore incapace di ripuilire il mondo dalle scorie del Male. Anche la cultura pop si è impadronita del mito di Eracle, talvolta direttamente, come nel film d'animazione Hercules (1997) della Walt Disney, più spesso indirettamente, dando ai supereroi di cinema e fumetti poteri simili a quelli del semidio.