Secondo Omero era
brutto e di pessimo carattere, ma con una forza enorme e un’abilità manuale che
rendeva meraviglioso qualsiasi oggetto uscisse dalle sue officine di fabbro. In
quanto dio del fuoco, ovvero di uno degli elementi primari del cosmo, Efesto
era uno degli dèi più potenti dell’Olimpo, anche se meno popolare di Zeus o
Poseidone. Tra le sue conquiste vi erano Afrodite, la più affascinante tra le
dee, e Aglaia, una delle tre Grazie: quasi un’allegoria della necessità di
fondere bellezza e tecnica per dare vita all’arte.
Identificato con
il latino Vulcano, Efesto era noto soprattutto per la sua vendetta ai danni
della moglie Afrodite, che punì per le sue infedeltà intrappolandola in una
rete invisibile ed esponendola, insieme all’amante Ares, allo scherno degli
altri dèi. Ma sul dio del fuoco esistevano molte altre leggende, quasi tutte
relative alla sua infanzia: un periodo infelice caratterizzato dal ripudio
della madre Era e dal lungo esilio sulla Terra.
GENEALOGIA DI EFESTO
Sulla nascita di
Efesto esistono due miti contrapposti. L’uno, di origine omerica, fa discendere
il dio del fuoco dalle nozze tra Zeus ed Era, i sovrani dell’Olimpo, che
insieme avrebbero generato quattro figli: oltre a Efesto, anche il dio della
guerra Ares e le due sorelle Ilizia e Ebe. Secondo una tradizione post-omerica,
invece, Era avrebbe dato alla luce Efesto da sola, senza l’aiuto di Zeus, per
gelosia nei confronti del marito che, a sua volta, aveva generato Atena senza
l’apporto del sesso femminile. Divergenti su tutto, queste due tradizioni
concordano nel descrivere Efesto come debole e malaticcio, sorprendentemente
fragile per essere il figlio di una coppia come Zeus ed Era. Il suo riscatto
sarebbe avvenuto solo in età adulta, quando, conquistato un posto tra gli Olimpi,
si sarebbe affermato come il fabbro degli dèi. Risalgono a quest’epoca le più
celebri avventure amorose di Efesto, spesso favorite dalla sua abilità nel
fabbricare gioielli. E sempre a questo periodo si fa risalire la nascita dei
suoi figli, tra i quali lo scultore Ardalo, figlio di Aglaia, l’argonauta
Palemone e il brigante Perifete. Quanto a Erittonio, futuro re di Atene,
sarebbe nato dalla dea della Terra Gaia, fecondata involontariamente da Efesto
mentre tentava, senza successo, di possedere Atena.
UN DIO “FOCOSO”
La maggior parte
dei miti su Efesto riguardano l’origine della sua zoppia. Secondo Omero, essa
sarebbe stata provocata da uno scatto d’ira di Zeus, furibondo con il figlio
perché, durante un litigio tra lui e la moglie Era, aveva preso le difese della
madre. Così Zeus, per punire l’intromissione, afferrò Efesto per un piede e lo
scagliò giù dall’Olimpo. La caduta del dio durò un giorno intero. Alla fine
egli piombò sull’isola di Lemno, dove fu trovato e rianimato dagli abitanti del
luogo. Ma rimase per sempre sciancato. Un’altra leggenda sostiene invece che la
zoppia di Efesto fosse congenita, e che la madre Era se ne vergognasse al punto
da volerla nascondere alle altre divinità. Così la dea gettò Efesto ancora
neonato giù dall’Olimpo. Il bimbo cadde nell’Oceano, dove due divinità marine
lo salvarono e lo accudirono fino all’adolescenza. Poi Efesto riebbe il suo
posto sull’Olimpo, ma non scordò mai il comportamento crudele della madre, di
cui si vendicò regalandole un trono magico: non appena Era vi si sedette,
comparvero dal nulla decine di catene d’acciaio che la imprigionarono allo
schienale. Inutilmente gli altri dèi si sforzarono di liberare la dea. Solo
Efesto poté riuscirvi e, per farlo, pretese in cambio da Zeus la mano di Afrodite,
la più desiderata ma anche la più capricciosa tra le dee. Ebbe così inizio uno
dei matrimoni più infelici dell’Olimpo: Efesto non aveva occhi che per la
moglie, ma lei lo tradiva con tutti, e in particolare con Ares, il signore
della guerra, che del marito era anche fratello. Finché Efesto non perse la
pazienza e, svergognati i due amanti di fronte all’Olimpo, chiese a Zeus di
poter divorziare. Non si sa esattamente che cosa gli rispose Zeus, ma è
plausibile che la sua richiesta venisse accettata, visto che le fonti
mitologiche attribuivano e Efesto molte altre mogli: tra queste, oltre alla
bellissima Aglaia, vi fu anche la ninfa siciliana Etna, figlia di Urano e Gaia,
nonché l’amatissima nereide Cabiro, con la quale generò due misteriose divinità
chiamate Cabiri.
SCETTRI, ELMI, ARMATURE
La tradizione
elenca un gran numero di oggetti magici o meravigliosi che sarebbero stati
realizzati da Efesto nelle sue officine. Oltre ai monili regalati a Teti ed
Eurinome, fanno parte di questo elenco anche lo scettro di Zeus, il bastone di
Agamennone, l’elmo di Ermes, le armature di Achille ed Enea, le frecce di
Apollo, il carro di Elio. A Efesto viene attribuita inoltre la creazione di
Pandora, la prima donna.
IL PATRONO DEI FABBRI
Nella Grecia
arcaica, Efesto era ritenuto semplicemente il dio del fuoco, che alimentava con
grande abilità nelle sue fucine e proteggeva dai tentativi degli uomini di
impadronirsene. Poiché tuttavia con il fuoco era possibile fondere e lavorare i
metalli, ecco che la sua figura si caricò presto di altri significati: egli
divenne così anche il patrono della metallurgia e dei fabbri, oltre che il
protettore degli artigiani e degli scultori, che utilizzavano la fiamma per le
loro opere. Ai poteri di Efesto venivano spesso ricondotte le eruzioni dei
vulcani, nei cui crateri, secondo alcuni miti, erano collocate le officine del
dio. Ed Efesto cominciò ad essere celebrato anche come nume degli inventori, in
quanto, come Dedalo sulla Terra, era capace di qualunque prodigio tecnico o
costruttivo. Di pari passo al numero dei poteri attribuitigli, crebbe anche la
diffusione del suo culto. Da manifestazione circoscritta a poche aree dell’Asia
Minore, esso si estese a gran parte della Grecia, coinvolgendo in particolare
le città a più forte vocazione artigianale come Atene. Anche sull’isola di
Lemno, sede dell’esilio terreno del dio, il culto per Efesto fece molti
proseliti. E così in molte altre isole vulcaniche (tra cui Lipari, in Sicilia),
che si contendevano l’onore di ospitare nel sottosuolo le fucine del dio. In
epoca romana la devozione per Efesto (o meglio, per Vulcano) trovò nuovo
slancio. La sua immagine in forma di statua, collocata davanti al focolare, era
considerata una presenza benefica capace di preservare la casa dagli spiriti
maligni. E anche il numero dei templi in suo onore crebbe, sebbene molti
fossero costituiti fuori dalle città per timore dei poteri distruttivi del dio.
L’INVENZIONE DEL FUOCO
Benché fosse il
dio del fuoco, Efesto non ne era però considerato l’inventore. Questo merito
veniva attribuito infatti a Ermes, il dio messaggero, che secondo l’Inno omerico aveva raccolto in un fosso
della legna secca ed era poi riuscito a darle fuoco, diffondendo ovunque calore
e luce.
LA FOLGORE DI ZEUS
Tra i molti
prodigiosi oggetti di cui si attribuiva la costruzione a Efesto, vi era anche
la folgore di Zeus, che altri racconti mitologici sostengono invece fosse stata
forgiata dai Ciclopi, desiderosi di sdebitarsi con il signore dell’Olimpo per
averli sottratti all’oscura prigionia del Tartaro.
LA FUCINA MAGICA
La fucina di
Efesto viene descritta in mille modi e collocata nei luoghi più svariati. Di
certo si trovava sotto terra, ma non si sa se nel fondo di qualche vulcano o
sotto lo splendido palazzo del dio, indistruttibile e splendente come una
stella. Costruita dallo stesso Efesto, conteneva tra le altre cose l’incudine
del dio e una serie di mantici che lavoravano spontaneamente al suo comando.
Della dotazione della fucina facevano parte anche venti tavolini a rotelle, che
si spostavano motu proprio da un
punto all’altro dell’officina portando gli attrezzi a chi ne aveva bisogno. Con
Efesto lavorava poi una schiera di automi, tutti d’oro, che obbedivano
istantaneamente a ogni suo ordine. Il dio, inoltre, poteva avvalersi dell’aiuto
dei Ciclopi, suoi aiutanti dai tempi lontani della Titanomachia, instancabili
nel lavoro e dotati di un’abilità strabiliante nella fusione e forgiatura dei
metalli.
IL DIO E IL BARONE
La presenza di
Efesto nell’arte postclassica è legata soprattutto al celebre episodio della
trappola con cui egli imprigionò Afrodite e Ares. A questo tema si ispirarono
infatti, per i loro poemi, letterati di fama quali Francesco Bracciolini (Lo scherno degli dèi) e Ferrante
Pallavicino (La rete di Vulcano),
nonché una schiera di pittori tra i quali l’olandese Maarten van Heemskerck.
Molto comune anche la raffigurazione della fucina di Efesto, dipinta, tra
l’altro, da Andrea Mantegna e Jan Brueghel il Giovane. In tempi più recenti, la
figura del dio è comparsa in alcuni libri della saga Percy Jackson e gli dèi dell’Olimpo, dello statunitense Rick
Riordan, e nel film di Terry Gilliam Le
avventure del barone di Munchausen (1988), dove il protagonista, nel
tentativo di salvare una città assediata, sprofonda in una fucina dove lavorano
Vulcano e i Ciclopi.