È uno dei due
Dioscuri, gli inseparabili gemelli che, a Sparta, erano adorati come
invincibili guerrieri ed emblemi della vocazione bellica della città. Quasi
sempre raffigurati in coppia, erano praticamente indistinguibili nell’aspetto,
salvo che per le cicatrici che, secondo alcuni, solcavano il volto di Polluce.
Diversi invece i talenti militari dei due: mentre Polluce si segnalava
soprattutto per le sue doti di pugile, Castore era un formidabile cavaliere, in
grado di domare qualunque purosangue.
Per quanto fossero
entrambi adorati come “figli di Zeus” (questo il significato greco del loro
nome), i Dioscuri avevano in realtà nature differenti: divina Polluce e umana
Castore. A differenza del gemello, Castore era quindi soggetto
all’invecchiamento e alla morte: un limite però che non pareva condizionarlo in
battaglia, dove, spesso si mostrava più temerario di Polluce.
GENEALOGIA DI CASTORE
La mortalità di
Castore era frutto degli strani intrecci amorosi che, secondo il mito, avevano
legato Zeus, la regina di Sparta Leda e il marito di quest’ultima Tindaro.
Tutto era iniziato, come sempre, dagli insaziabili appetiti erotici del re
dell’Olimpo che, avendo visto la bella Leda, se n’era incapricciato e si era
congiunto a lei in forma di cigno. Quella stessa notte, però, anche Tindaro
aveva voluto giacere con la moglie, e da quel doppio legame erano nate due
uova: in una c’erano Castore e Clitemnestra, figli di Tindaro e, quindi,
mortali; nell’altra Polluce ed Elena, figli di Zeus e, di conseguenza, divini.
Secondo un’altra versione del mito, l’uovo espulso da Leda sarebbe stato uno
solo, e avrebbe contenuto Polluce ed Elena; la nascita di Castore e
Clitemnestra sarebbe invece avvenuta in modo del tutto naturale. Una terza
versione della leggenda sostiene infine che Leda avrebbe soltanto trovato
l’uovo con Castore ed Elena, nato dagli amori tra Zeus e la divina Nemesi;
oppure che l’avrebbe ricevuto da un pastore, dopo che questi l’aveva scoperto
in un bosco; o, ancora, che le sarebbe stato posto in grembo da Ermes, con il
compito di conservarlo fino alla schiusa. In tutti questi casi, Leda sarebbe
dunque la madre naturale del solo Castore, mentre Polluce sarebbe a tutti gli
effetti un figlio adottivo.
STORIE PARALLELE
Castore e Polluce
sono gli eroi dorici per eccellenza, legati quindi a quel nucleo di città
greche (tra cui Sparta) che, nella potenza di Atene, vedevano un ostacolo alla
loro ascesa. Non stupisce quindi che, nel più celebre tra i miti ad essi
dedicati, i due gemelli si trovino a dover competere con Teseo, l’eroe attico.
Accadde quando questi, invaghitosi di Elena, sorella dei Dioscuri, la rapì e la
portò con sé ad Atene facendone la sua amante. L’offesa non passò inosservata a
Sparta, che affidò ai suoi due guerrieri più celebri il compito di vendicare
l’onta. I due Dioscuri raccolsero perciò attorno a sé un grande esercito e,
alla sua guida, devastarono l’Attica, momentaneamente lasciata senza difese da
Teseo (sceso agli Inferi con l’amico Piritoo). Poi liberarono Elena dalla
fortezza in cui era stata rinchiusa e, per rendere più compiuta la vendetta,
fecero prigioniera la madre di Teseo, che condussero a Sparta come ostaggio.
Dopo questa impresa, i Dioscuri si aggregarono alla spedizione degli Argonauti,
dove il loro valore risaltò soprattutto nella sosta presso i Bebrici, un popolo
della Bitinia. I due gemelli, inoltre, aiutarono Giasone a saccheggiare Iolco,
la sua città natale, su cui regnava illecitamente Acasto, figlio di Pelia. I
Dioscuri, invece, malgrado il legame di sangue con Elena, non figurano tra i
protagonisti della guerra di Troia, in quanto all’epoca erano già stati
divinizzati. Tale divinizzazione fu la conseguenza della morte di Castore,
ucciso in combattimento, e del rifiuto di Polluce, il gemello immortale, di
sopravvivergli. Allora Zeus, colpito dall’affetto tra i due Dioscuri, decise di
non separarli neppure da morti, ed elevò entrambi in cielo. Stabilì però che
Castore e Polluce condividessero, oltre al destino degli dèi, anche quello
degli uomini, trascorrendo insieme un giorno all’Olimpo e uno agli Inferi, tra
i defunti.
IL TEMPIO E L’UOVO
La prima città a
tributare onori divini ai Dioscuri fu Sparta, che li scelse come suoi patroni
ed eresse un tempio in memoria delle loro due spose, Ileira e Febe, dette le
Leucippidi: dal soffitto di questo edificio, costruito presso la casa natale
dei due gemelli, pendeva un guscio avvolto in fasce, probabilmente una reliquia
identificabile con l’uovo partorito da Leda. A Sparta, l’intera vita pubblica
era regolata dal culto per i Dioscuri: i due gemelli, secondo il mito,
presiedevano alle manifestazioni pubbliche, vigilavano sulle cerimonie,
proteggevano i giovani combattenti, sovraintendevano alle esercitazioni
militari. La loro effigie simbolica, rappresentata da due pali di legno uniti da
due traverse, accompagnava sempre i condottieri in battaglia. E la stessa
struttura politica della polis retta
da una diarchia di sovrani, appariva come un omaggio alla duplicità dei
Dioscuri. Da Sparta, il culto per Castore e Polluce si irradiò in tutta la
Grecia, contagiando l’Attica e persino le colonie dell’Italia meridionale.
Questa espansione fu favorita dalla convinzione, presente già in epoche remote,
che Castore e Polluce proteggessero i naviganti, grazie al potere concesso loro
da Poseidone di comandare le onde e i venti. A questi attributi salvifici,
certo apprezzati da un popolo di marinai, se ne assommavano poi altri: i
Dioscuri, infatti, erano considerati gli inventori delle danze guerresche, i
numi tutelari delle manifestazioni sportive, i protettori dei poeti. Erano
ritenuti anche i patroni dei cavalieri, e tale credenza contagiò il mondo
romano, dove gli equites, i membri
della cavalleria, svolgevano ogni ano, il 15 luglio, una solenne processione in
onore dei Dioscuri.
I CAVALLI DI POSEIDONE
Nel mondo greco, i
Dioscuri venivano in genere raffigurati come due giovani atletici e seminudi,
armati di lance e accompagnati da cavalli bianchi ottenuti in dono da Era e
Poseidone. Sul capo, solitamente scoperto, portavano talvolta un insolito elmo
a forma di guscio sormontato da una stella.
LA BATTAGLIA SUL LAGO
Nel mondo romano,
il culto dei Dioscuri (conosciuto come Castori) aveva radici antichissime. Di certo
doveva essere già diffuso all’epoca della battaglia sul lago Regillo, quando l’esercito
romano, sul punto di cedere all’offensiva dei Latini, fu salvato, secondo il
mito, proprio dall’intervento di Castore e Polluce. I due gemelli, invocati dal
dittatore Aulo Postumio Albino, che in cambio promise di consacrare loro un
tempio, si materializzarono all’improvviso alla testa della cavalleria romana,
trascinandola al contrattacco. Poi, a vittoria ottenuta, scomparvero. Li incontrarono
di lì a poco alcuni cittadini dell’Urbe, a cui i due gemelli, mentre abbeveravano
i cavalli presso la fonte Diuturna, annunciarono il successo in battaglia. Dopo
questo trionfo, Aulo Postumio Albino tenne fede al suo voto, e consacrò ai
Dioscuri un grande tempio proprio nel cuore dell’Urbe, in pieno Foro Romano, a
pochi passi dalla fontana dove i due gemelli si erano mostrati per l’ultima
volta ai cittadini romani.
INSEPARABILI DALLA NASCITA
La presenza dei
Dioscuri nell’arte postclassica è sporadica e spesso marginale. In epoca
medievale, la storia della loro nascita occupa per esempio le pagine iniziali
della Historia destructionis Troiae
di Guido delle Colonne e alcuni versi della Teseida
di Giovanni Boccaccio. Più centrale il ruolo dei Tindaridi (questo l’altro
nome dei Dioscuri) nell’omonima tragedia di Antoine Danchet, che attraverso il
loro mito affronta il tema dell’amore fraterno. In campo pittorico, a parte
casi isolati come un affresco seicentesco di Pietro da Cortona, i Dioscuri sono
sempre raffigurati in coppia e nel ruolo di comprimari. Si sottraggono a questa
regola un celebre olio su tela di Pieter Paul Rubens dedicato al ratto delle
Leucippidi (le due sorelle poi sposate dai Dioscuri) e la vasta schiera di
dipinti che raffigurano la loro nascita e il mito di Leda.